Di Ginza, dello shinkansen e dei riflessi
Città che cambiano faccia dalla domenica al lunedì. Si truccano un po’ meno, si lasciano andare e poi tornano a fare il proprio lavoro con un pizzico in più di austerità. E’ questa la sensazione che provo ogni volta a Ginza, la cui strada principale viene chiusa al traffico nei giorni festivi.
Oggi, con la famiglia di Ryosuke, appuntamento a Shinbashi 新橋.
Mi incanto dentro alla stazione a guardare un signore che apre con la sua magica chiavetta il cartellone – vuoto – destinato ai poster e ve ne inserisce dentro due. Uno da destra e l’altro da sinistra. Immobile, da dietro, a guardarlo muovere mani, prendere oggetti, srotolare, inserire, aprire, chiudere. Avverto un fascino immenso nell’osservare i “retroscena” della mia quotidianità, quei lavori “invisibili” di cui si è abituati ad osservare solo il risultato. Il prodotto finito. L’ovvio è di per sè banale. Osservare poster in stazione, nei treni, per le strade lo è per necessità. Ma poi vedere un uomo in divisa partire dagli ingredienti e cucinare con lentezza e precisione quell’ovvio risultato lo priva, come per magia, dell’ovvietà. E diviene speciale. Regala un “nuovo sguardo”.
Usciamo dalla stazione con quei preziosi minuti di ritardo e ci sono la suocera ❤, la sorella di Ryosuke e la nipotina ad aspettarci. 「お待たせしました」, “Scusate per l’attesa”. E si parte. Per 博品館 (Hakuhinkan) uno dei negozi di giocattoli più antichi di Tokyo, camminando verso Ginza. Il sole che picchia, il sole che scalcia. E mentre attendiamo al semaforo mi volto verso la stazione e vedo passarvi sopra uno shinkansen 新幹線. Bianco e con il suo muso allungato e tante piccole finestrelle, una dopo l’altra. Tiro fuori la macchinetta e lo “prendo giusto giusto per la coda”.
Il negozio di giocattoli a cinque piani è una meraviglia. Saliamo in ascensore e scendiamo, girore per girone, a piedi. L’occhio è conteso da mille cose. Si pensa al viaggio in Italia che ci attende e ai regalini che la sua famiglia vuole portare alla mia. Si pensa a quellao che sarà il miao nipote. Perchè ancora non si sa, ma già non vedo l’ora di di viziarlao.
Infine usciamo, passegiando per le strade altissime di Ginza. Mi incanto ancora una volta. Ma questa volta di fronte ai riflessi delle vetrine. Delle vetrate. Perchè in un solo sguardo si vedono due mondi. Quello dentro e quello fuori.
Una pausa in un caffè, per prendere fiato e poi di nuovo a picco nella città. Nel quartiere di Ginza che, in quanto ad eleganza, non ha pari.
Stanca per un lavoro certosino da finire, per i preparativi per l’Italia da iniziare, per le meraviglie che mi sta offrendo quest’estate giapponese. Più tempo, voglio più tempo!