tokyo

Di sfuggita dalla Yamanote in corsa

Il 24 dicembre. Vicino a Takadanobaba. Un paesaggio che durante la settimana mi è spesso capitato di vedere di sfuggita dal treno mentre passavo da una stazione all’altra. Dal lavoro al riposo. O dal lavoro a dell’altro lavoro.
Dal finestrino ogni volta mi dicevo quanto mi sarebbe piaciuto scattare una foto a quel paesaggio “fluviale” di acqua, ponti e alberi a picco. Il fiume Kanda. E quel blu che luccicava un istante prima che il treno – la linea Yamanote – portasse oltre il mio sguardo.

Poi il 24 dicembre, sempre dal treno in corsa, l’ho mostrato a Ryosuke che era venuto a prendermi al lavoro. Un secondo ed il paesaggio è sfuggito via, come al solito.

“Quanto mi piacerebbe vederlo da vicino.”
“E allora perche’ non scendiamo?” mi ha detto.
“Certo! Scendiamo!” ho risposto.

Ed è così che ho esaudito un piccolo desiderio che nutrivo da tempo. E non vi sarà più rimpianto nel guardare quel paesaggio dal treno uscendo dal lavoro.

Rompere le abitudini fa infinitamente bene ai ricordi.

Il nostro Natale alla tokyota

Il 25 è agli sgoccioli.
In questi due giorni abbiamo goduto di una Tokyo gelida eppure piena di calore. Abbiamo passeggiato per ore per la città, svegliandoci con una dolcissima colazione al gusto di panettone e dolcini vari, dono della mamma.

Ho scattato decine di foto che testimoniano i nostri percorsi. Quello del 24 per Mejiro, Kanda, Jimbocho ed Idabashi e quello del 25 dicembre per Kagurazaka, Idabashi, Kichijoji.
In questo anno in cui temevo non avrei avuto il tempo di festeggiare ho finito per godermi il Natale come mai nella mia vita. Senza regali. Senza spese. Ma con tantissimo relax ed altrettanto tempo da passare insieme.

Domani la vita riprende consueta. Lavoro. Ma dietro l’angolo c’è già il Capodanno. Con i suoi piatti tradizionali colmi di simbologie e di colori. Con le decorazioni che già adornano gli ingressi delle case, dei negozi e di molti palazzi.

Da una Tokyo sbrilluccicosa, tanti auguri a tutti voi!

Laura, Ryosuke e Gigia

Tokyo, su un treno. Una mattina, un uomo e…

Qualche settimana fa mi è accaduta una cosa. Delle tante che accadono in questa città. Ero in treno, proprio come stamattina, seduta eppure stipata in mezzo ad una grande folla di salarymen, office lady, impiegati e studenti. Il venerdì e il mercoledì prendo la Tozai Line. Quella blu. Da Kichijoji torno apposta fino a Mitaka per poter salire sul treno al capolinea. Davanti ad ogni entrata ordinatamente attendono decine di persone. Per questo, pur tornando con lo stesso treno fino alla stazione di partenza, è necessario scendere e rimettersi in fila dietro a chi sta già attendendo. Lo trovo molto civile.

Ma il punto non è questo. Ero stanca. Un po’ nervosa per non ricordo più quale motivo. Fatto sta che avevo esattamente davanti a me un uomo piuttosto grasso, con una grossa borsa che finiva regolarmente sul mio pc che tenevo aperto sulle gambe – chiudendomelo. E così, quando è arrivata la mia fermata, mi sono alzata con fatica e con immenso fastidio per il fatto di non essere riuscita a sfruttare propriamente quel tempo mattutino a causa del borsone dell’uomo e quasi (lo ammetto) innervosita al pensiero che proprio lui andasse ad occupare il mio agognatissimo posto a sedere.

Scendo spinta da ogni parte. Takadanobaba la mattina presto è una vera baraonda. Mi avvio verso le scale, circondata ovunque da persone.

“すみません!すみません!すみません!”
Scusi, scusi, scusi” sento da dietro.

Mi giro. E’ lui, l’uomo grasso con il suo borsone che mi chiama.
Le è caduto questo“, mi dice allungando il palmo.
Abbasso lo sguardo su quella grande mano. E lo fa porgendomi uno degli oggetti per me più preziosi al mondo. Il mio pen drive con tutte le lezioni dentro, i miei articoli, gli spunti, i romanzi… tutto nella mano di quell’uomo.

Lo ringrazio ma non ho il tempo di farlo per bene perchè non è la sua fermata e lui si precipita per risalire sul convoglio che nel frattempo si è svuotato e poi riempito ancora più di gente. Quell’uomo era sceso dal treno, aveva rinunciato all’agognatissimo posto libero solo per restituirmi un piccolo oggetto.

E’ lè che si capisce. Quanto sia sbagliato innervosirsi. E quanto perfida sia la superficialità del sentire. Del reagire.

Con riconoscenza ricordo quell’uomo, la sua inaspettata generosità, la mia superficialità e la stazione di Takadanobaba gremita di gente.

*L’autunno a Tokyo e una splendida illustrazione ASCII di cui il treno (giapponese) è protagonista.

A zonzo per un piccolo quartiere di Tokyo, Oshiage.

Per il nostro secondo anniversario di nozze giovedì scorso, che era anche il Giorno della Cultura in Giappone, siamo andati a Oshiage 押上 sulla Toei-Asakusa Line, una linea metropolitana che passa per il famoso quartiere di Asakusa.

Durante la visione del programma del sabato mattina sulla Nihon Television –
「ぶらり途中下車の旅」 (Burari tochu gesha no tabi) – di cui avevo scritto in un precedente post -, siamo rimasti catturati dalla puntata che presentava delle passeggiate a partire dalle stazioni intermedie della suddetta linea.

Quale la nostra sorpresa quando, uscendo dalla stazione, ci siamo subito trovati sulla destra l’imponente torre dello SKY TREE, la cui costruzione verrà ultimata entro marzo~maggio del prossimo anno e da cui sarà possibile osservare Tokyo a 360° dal punto più alto in assoluto.

Uno dei miei scatti preferiti la ritrae tagliata orizzontalmente e verticalmente dai fili della luce, quando ormai il cielo di Tokyo stava lentamente incupendosi (foto 1).

Durante la visione del programma televisivo, un ristorante molto peculiare di tempura, in particolare, ci aveva incuriositi. Ci siamo andati, abbiamo ordinato ed era….. delizioso. Delizioso. Delizioso. E dalla preparazione assolutamente originale.

Uscendo dal ristorante abbiamo scoperto che esattamente davanti si ergeva uno splendido tempio. Il giardino era piuttosto ampio e l’autunno aveva iniziato a modificarne qui e là le tonalità. Il secondo scatto prende parte dell’antico ponte di legno che collegava il tempio ad altre zone di preghiera/abitative e l’inizio del sentiero che guida verso il rigoglioso giardino che si apriva sulla sinistra (foto 2).

E così abbiamo continuato a camminare….

Il quartiere degli strumenti musicali e le stradine secondarie

Sabato scorso, andando verso il Festival della Lettura che si teneva nel quartiere delle librerie di Tokyo, ci siamo persi nelle stradine secondarie che dalla stazione di Ochanomizu portano verso Jimbocho.

Nonostante abbia perso un pochino il lustro di una volta, Ochanomizu è ancora il quartiere per eccellenza dove acquistare strumenti musicali. Basta procedere lungo il viale principale che scende verso Jimbocho per accorgersene.

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E’ pieno di negozi che esibiscono chitarre classiche ed elettriche, violini, bassi etc. al loro ingresso. Ryosuke, appassionato (e un tempo anche studioso) di musica, ha bazzicato spesso per Ochanomizu negli anni dell’università.
E’ stato lui a presentarmi questo delizioso quartiere.

Passeggiando verso la nostra meta abbiamo scoperto un festival universitario (cadono proprio in questo periodo la maggioranza di essi), un piccolo tempio di quartiere, un negozietto di 下駄 (geta) scarpe tradizionali giapponesi incastrato tra due grandi palazzi, uno dei quali decorato da un murales sui toni del blu e straziato dalla luce del mattino (foto n.1).

Sono i colori di Tokyo a stregarmi. I verdi, i blu, i rossi.

E poi uno spiazzo dominato da un grande albero che sorge davanti al piccolo tempietto di cui sopra (lo si nota dalla tipica decorazione che corconda il tronco) e una piccola fila di persone per entrare nel ristorante all’angolo dall’altra parte della strada (foto n.2).
Di nuovo la luce che entra dappertutto, io che scatto qualche foto e Ryosuke che va a leggere le iscrizioni all’ingresso del tempio.

Delle tante fotografie, per oggi, queste due.