fotografia

Un tocco di colore~ Shinjuku & Kichijoji

Giocando con i colori.
Shinjuku, ieri sera, a cena con una collega ed amica davvero speciale. Atmosfera leggera che lascia spazio agli occhi, alle orecchie e alla bocca. Una serata da ricordare.
E dal cinquantesimo piano di un grattacielo guardare la citta’ mutare colore. Notiamo che il paesaggio notturno di Tokyo e’ piu’ scuro di cinque mesi fa, prima del disastro dell’11 marzo 2011. Ma non intacca neppure di un po’ la bellezza del paesaggio urbano della metropoli.

Ci sorprende un matsuri balinese sulla via.
E poi chiacchiere di musica, di Italia, di Giappone e di conoscenze comuni. Delizioso shabu-shabu e tante fotografie per ricordare.

1. Uscendo dalla stazione di Shinjuku, uscita Ovest della JR. Il caratteristico grattacielo “Cocoon” コクーン di 50 piani che ospita una scuola di moda, di design e di medicina.
Il blu del cielo e il giallo dei riflessi. 色で遊びました~☆

2. Come un giocattolo… ^o^~☆
Tornando in bicicletta, un angolo di strada e una lavanderia. L’asfalto bagnato e il cielo ormai terso. Decisamente un’altra Tokyo.
(Kichijoji, agosto 2011)

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Tokyo ha gli occhi belli

Quei pomeriggi di grazia in cui la citta’ sembra fatta su misura su di te. Neanche un bottone di troppo a stringere il colletto, i denti della cintura che mordono solo il necessario, la lunghezza della gonna che non intralcia i passi ma li rende piu’ leggeri.

Tokyo oggi aveva gli occhi belli e un’espressione piena di luce. Come quando sembra che piova e poi non lo fa e si gioisce della minaccia non concretizzata. Perchè il cielo plumbeo e l’odore della pioggia che non cade hanno per me un fascino non indifferente.

Forse è l’essere semplicemente grati al tempo che si ha a disposizione, forse è l’aria che già profuma d’estate ma oggi pomeriggio ero felice.

Assorta nel lavoro e nei miei ragazzi è passata la mattina. Prima e seconda ora. Una lunga chiacchierata con l’insegnante di spagnolo nel piazzale dell’università e il ricordo delle urla assorte nel kendō stamattina. Perchè la prima ora è faticosa ma ripaga.

Proprio accanto all’entrata del campus c’è la palestra dove i ragazzi la mattina presto, prima dell’inizio delle lezioni, si esercitano nel kendō.

Li senti urlare, le ragazze soprattutto, ed è emozionante immaginarli dentro alla loro armatura (bogu) mentre impugnano il lungo bastone (bokken) con cui colpire l’avversario.

Così a piccoli passi, sbocconcellando i dolcini comprati nella panetteria dentro la stazione, entro nel viale di ciliegi dell’università e, per l’ennesima volta da anni a questa parte, mi sento sfacciatamente fortunata.

Pranzo al mio solito caffe’ perchè lì mi rilasso e poi di ritorno a Kichijoji per cercare una concentrazione che oggi sembrava proprio non baciarmi. Ma poi è arrivata ed ho reso il tempo produttivo.
Studio e un po’ di scrittura perchè se non vado avanti col racconto non mi sento bene.

E poi le strade di Kichijoji per una passeggiata di quelle che mi capitano raramente da quando c’è la Gigia. Perchè voglio correre da lei e lasciarla meno tempo sola ad aspettare. Ma la Gigia ora è dai nonni e torna dopodomani e il tempo è tutto per me.

Il pomeriggio a Kichijoji, sì. La passeggiata durante la quale ho incontrato il nuovo libro della mia scrittrice preferita negli scaffali di una libreria, ho affittato “Mangia, prega, ama” da Tsutaya e poi ho comprato linguine e spaghetti tornando verso il parcheggio delle bici.

Un nuovo negozio ha aperto su Nakamichi ed è colmo di colori. Vende articoli per la casa e noi, che abitiamo in un piccolo appartamentino, manchiamo di spazio per poter godere dello “shopping delle cose”.

Mi basta cercare e trovare la macchinetta fotografica tra le branchie della borsa, spingere due tasti e scattare. E quelle cose sono mie, senza spazio da occupare.

*In foto ancora Kamakura, poi Kichijoji (un pachinko che si chiama “Palazzo”), una fotografata di kendo trovata su questo sito e il nuovo negozio di Nakamichi.
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