Un giorno qualunque

DSC05624 Volge all’autunno la città. Tokyo riprende il suo vertiginoso ritmo, i treni rimpinzati di persone, il contatto della pelle con la pelle diviene più raro, filtrato com’è da maniche che, di giorno in giorno, s’allungano di stoffa.

 Mi sveglio alle cinque e cinquantacinque quasi ogni mattina, la Gigia che allunga il musetto fino al bordo del cuscino, Ryosuke che si alza in un sospiro assonnato e si occupa di lei. Ogni giorno ha il rituale dell’attesa: anche oggi, che cosa accadrà?

 Salgo in bicicletta e corro veloce verso la stazione. All’incrocio della scuola i volontari alzano le bandierine per aiutare i bambini ad attraversare. Gambe cortissime, enormi cartelle, la sproporzione naturale dell’infanzia.

 Svolto a sinistra, mentre ascolto in podcast Linus e Nicola, la Pina di Radio Deejay, prendo il ticket all’ingresso del parcheggio.
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 In Giappone i parcheggi delle biciclette vengono gestiti quasi sempre da pensionati, uomini con la divisa e un cappellino, che ripetono cantilenando Buongiorno! Ohayou gozaimasu!  insieme all’intraducibile Itterasshai. Il mio posto preferito è sotto a un albero di ginkgo, e lo trovo sempre libero e facile all’accesso. È la gentilezza che mi usa uno dei guardiani, con cui ormai chiacchiero da anni. Mi racconta di sè, del suo paese natale, del viaggio sulla tomba di famiglia, parliamo della Scozia, dell’economia che galoppa e poi si ferma, dell’estate che è passata, del tifone che è in arrivo.

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Non sono ancora le sette, in treno trovo posto a sedere. Spalanco il pc sulle ginocchia, scrivo il nuovo romanzo che mi riporta a Roma, che mi guida in provincia, che mi tiene il volto tra le mani. Sono coccolata da questi personaggi di cui amo la caparbietà e l’immensa debolezza.

 L’uomo alla mia sinistra legge il giornale, lo separa in lunghi bastoncini di scrittura. La ragazza alla sinistra digita qualcosa al cellulare, subito dopo si addormenterà e con lievi gomitate, di tanto in tanto, dovrò chiederle di non appassirmi sulla spalla.

 Poi ancora rialzarsi, scendere, salire scalinate, passare i cancelli, rientrare in un’altra stazione, passare i tornelli, salire le scale un po’ correndo, penetrare un altro treno, scendere ancora, salire altre scale, ritrovarmi infine nella panetteria che profuma di bontà. E mentre scrivo ancora con la musica nelle orecchie, le commesse escono dal laboratorio con vassoi di panini farciti appena usciti dal forno, annunciando a voce alta le pietanze.

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 Le università sono riprese, piccoli problemi di passaggio, il sonno appiccicoso sui volti dei ragazzi, la gaiezza dell’estate che fatica a dire addio. Alcuni sono andati in Italia, altri in Austria, Germania, Francia, Canada e Inghilterra, altri sono tornati dopo un anno di scambio, e sul volto hanno la voglia di mettersi ancora in gioco, il desiderio costante di gestire il misterioso.

 Dopo le lezioni vado a prendere un caffè con una professoressa di francese, una donna che è tutta una smorfia, un agitarsi, un ridere sguaiato, pieno della vita che, si vede, lei ama tanto. Mi racconta delle manifestazioni contro il nucleare cui continua a partecipare, del marito che andrà in pensiore a breve, del figlio che è arrivato a fatica a quarant’anni con la procreazione assistita. Io le racconto della mia tesi di dottorato, delle due nuove università in cui lavorerò da aprile, della mia famiglia, dell’Italia e della disoccupazione che amareggia la mia gente.

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 Tornando a casa vado a fare la spesa in bicicletta. Soppeso gli ingredienti tra le mani, attenta alle scadenze che, in questo paese, hanno due diverse diciture, una oltre la quale il prodotto non lo si può proprio consumare 「消費期限」, un’altra invece che garantisce la bontà 「賞味期限」 e sorpassata la quale, il sapore non sarà più al meglio, ma sarà comunque possibile mangiare. Sarà per questo che sono tanto attenta a questa parola? Scandenza dei sentimenti, scandenza delle parole …

 È una quotidianità bella, scandita da gesti soliti di cui non avverto neppure un poco la banalità. Sono innamorata follemente del mio uomo. Della mia bimba pelosina. Della mia casa piccola e “leggera”, libera dal peso innecessario delle cose.

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E mi chiedo se il segreto della gioia non sia proprio, da una parte, l’osservazione attenta e lenta del proprio giorno, il seguirSI quasi si fosse investigatori privati di se stessi, la rilassatezza che si prova a non perdersi nessun passaggio tra ciò che precede e ciò che succede, il dare se non valore almeno consapevolezza alle azioni perpetuate, alle cose e alle persone incontrate e, dall’altra l’aggiungere (conoscenza) e il sottrarre (inutilità materiale ed emotiva).

Tutto ciò che è superfluo pesa troppo, è una zavorra.
E allora continuo il danshari e da settembre ho aggiunto un’altra lingua e due sere a settimana conto eins, zwei, drei e tutti i sostantivi hanno la maiuscola nel nome.

♪ 湘南乃風「パズル」

11 commenti su “Un giorno qualunque

  1. Diana G ha detto:

    🙂 come rendere speciale la normalità di un giorno qualunque..molto bello questo post.. 🙂 lo definirei delicato 😛 non so perchè 😛
    🙂 dovremmo sempre rendere speciale ogni giorno, perchè ogni giorno è un dono.. e bisogna festeggiare per questo 🙂 dovremmo spingerci ogni giorno a guardare il mondo con occhi nuovi, diversi, per carpire ogni cosa, ed essere felici sempre, sforzarci di esserlo 🙂
    “Tutto ciò che è superfluo pesa troppo, è una zavorra”… <3 bellissima frase.. 🙂
    buona domenica :*

  2. Moky 76 ha detto:

    E rieccoci…si ricomincia da capo e come tutti anche io fatico non poco a dire “Arrivederci” all’estate. ..anche se a dire il vero quest’anno non sembra nemmeno arrivata…anche se ho lavorato tutto agosto, ma non so perché fatico a lasciarla andare…
    Riuscire ad assaporare e apprezzare ogni piccolo gesto quotidiano mi sembra una cosa meravigliosa e a dire il vero mi sento un pochino gelosa di chi ci riesce perché io sono sempre in corsa continua contro il tempo che sembra non bastare mai e alla fine corro a perdifiato cercando di fare di più e perdendo forse il senso di tutto questo fare…
    È una cosa che mi rattrista e a volte mi lascia confusa a riflettere su quello che davvero vorrei fare….e quello che realmente potrei…
    Fa paura pensare che forse il proprio “ogni giorno” non ti basta più. ..ed è triste perché a volte ci si sente sole anche se si è circondati da persone che ti amano…e allora che fare?

  3. lisa ha detto:

    Ciao Laura..che dire, ti leggo sempre con piacere e mi nutro di tutto ciò che racconti di questo meraviglioso paese. Il mio sogno è poterci vivere..si, un giorno forse diverrà la mia casa.
    Attendo con ansia il tuo secondo libro..il primo l’ho divorato e mi è piaciuto tantissimo. Mi piace come scrivi perchè arrivi subito al cuore e le emozioni si rincorrono. Grazie, un abbraccio. ^_^

  4. Kai ha detto:

    Ciao Laura!
    Grazie per averci dato ancora una volta piccoli pezzi di Giappone!
    Proprio questa settimana, durante le pulizie di fine estate che mi han tenuto impegnato fino ad oggi, mi sono accorto di avere un po’ di roba scaduta nella mia dispensa: della panna al salmone, qualche merendina, e dei biscotti. E’ uno dei dubbi che ho sempre avuto: se qualcosa scade, si può ancora mangiare? Se abitassi in Giappone, non avrei più da pormi questo dubbio! Non ero a conoscenza del fatto che in Giappone ci fossero due diciture per indicare la “scadenza”! Si vede che in Giappone c’è chi si è premurato di risolvere tale problema, e spero che prima o poi arrivi anche in Italia!
    Le due diciture sono pronunciate 消費期限 [shouhikigen] e 賞味期限 [shoumikigen]?
    Molte persone vedono la quotidianità come noiosa e poco divertente, ma io ritrovo nel quotidiano una tranquillità e un modo per vedere più nel dettaglio quel che di norma accade, scoprendo magari cose che non ero riuscito a notare prima. Anche io mi accingo a ritornare alla quotidianità delle lezioni universitarie questa settimana!
    Sono contento di ritornarvi: odio il caldo estivo, e l’assenza della quotidianità invernale mi confonde e mi rende “pigro”.
    I miei studi della lingua giapponese son stati un po’ messi da parte, limitati alla sola visione di TV giapponese, tuttavia spero sempre di poter organizzare un ritorno in Giappone (e allo studio della lingua e della cultura), ma i miei studi qui mi impegnano troppo. Nel frattempo non posso far altro che limitarmi a chiederti di mandare i miei saluti a Ryosuke-san, ed un abbraccio a Gigia-chan!
    Spero di risentirti presto.
    Un forte abbraccio! :*
    Kai

  5. Hachi ha detto:

    Bellissimo post. È vero, a volte dimentichiamo quanto può esserci di bello nella quotidianità delle cose, nei gesti più semplici. Quanto può essere bello il buongiorno datoci da persone care e anche da sconosciuti. Bisognerebbe farci più attenzione, penso si vivrebbe meglio.
    Arigato! Buona nuova giornata!

  6. Martina ha detto:

    Ciao Laura!
    Mi chiamo Martina e seguo il tuo blog da circa un anno.
    Mi sono subito innamorata del tuo modo di scrivere, mi sembra quasi di vivere ciò che racconti!
    Per il mio compleanno mi è stato regalato il tuo primo romanzo, lo sto leggendo adesso e mi piace tantissimo! Non vedo l’ora che esca il secondo! ^.^

    Hai proprio ragione, anche i gesti più piccoli sono preziosi.
    Nel mio piccolo cerco di valorizzare qualunque cosa succeda, ma a volte le cose sembrano così banali e scontate che è difficile pensare ci sia del bello…
    I tuoi post però ispirano positività e seguirò i tuoi consigli!

    こんばんは!

  7. Adriano ha detto:

    Sei scorretta!
    io vivo nel pensiero di abbandonare l’ Italia per venire a vivere in Giappone soprattutto perchè fresco di rientro da lì e tu te ne esci con questi post?
    Così uno prende e parte…. 🙂

  8. Manuela ha detto:

    Un’amica mi dice spesso che sono schiava della mia routine, di quella che uso per organizzare la mia piccola squadra di marmocchi, e che lei impazzirebbe…eppure io la amo e amo appuntare tutto su un diario, anche le piccole cose che succedono ma che, per me, sono tutte speciali. Sì, sono d’accordo, secondo me il segreto della gioia è questo.

  9. Danilo ha detto:

    Ciao Laura, come sai sono in Giappone, il mio Giappone diverso dal tuo di quotidiano stupore, il mio di vacanza e di straordinariato stupore, ho trovato come immagini il tempo per leggere il blog solo ora, come ti dicevo abbiamo scansato il tifone a cui accenni e ora mentre scrivo le prime piogge del successivo bagnano già le nostre finestre e l’odore del ginger per il karage invade il soggiorno dalla cucina…(mentre la mattina ci ha concesso una passeggiata al mare e un po’ di sahimi e tenpura e poi mi domando perchè ingrasso…) ciao e a presto… ^_^

  10. giulia ha detto:

    ciao laura!..Vivo anche io a kichijoji da tre mesi! Quando ero ancora in Italia ho comprato casualmente il tuo libro e ho di conseguenza scoperto che vivi dove sarei andata a vivere io per almeno un anno! Icasi della vita!..Ora ovviamente seguo il tuo blog e volevo complimentarmi per entrambe.
    Ciao a presto

    1. Laura Imai Messina ha detto:

      Cara Giulia,

      mi sa che tua mamma aveva lasciato un messaggio su facebook parlandomi di te! 😀
      Se mi incroci per Kichijoji e eventualmente mi riconosci, non esitare a fermarmi. ^o^

      Un abbraccio e grazie del tuo messaggio,

      L.

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