"Sarà occupato" o della clemenza giapponese
Poi ci sono gli oggetti, le cose. La Suica che mi fa scorrere veloce oltre i tornelli della metro, alle casse dei negozi, la tavoletta riscaldata del bagno, il kotatsu, la sensazione del tatami sotto alle piante dei piedi.
Poi ci sono delle parole. Le formule di saluto, di ringraziamento che riempiono spazi vuoti che non mi fanno sentire mai a disagio. Ma ancor prima delle parole ci sono i modi di pensare. Di reagire.
Uno di questi e’ quello che recita il titolo.
Quando non si sente qualcuno per un po’, non si ricevono notizie, email, contatti, i giapponesi tendono ad ipotizzare: “Sarà occupato” 「忙しいんだろうね」. E non si accusa, non ci si offende. Non ci si arrabbia.
Mancanza di interesse? Affatto. La chiamerei piuttosto presa di coscienza dei ritmi, dello scorrere del tempo che è diverso per ognuno di noi. Come differente è il modo di rapportarsi all’altro. Da queste parti non si salta tanto facilmente alle conclusioni. Le si sospende. E si aspetta che il reale ci fornisca le risposte.
Se un amico non si fa sentire probabilmente “sarà occupato”. Non e’ che “machebastardomancoun’emailvediselochiamoiolaprossimavolta” o “stinfamonechiamasoloquandoècomodoalui” etc. ^^;
Una volta una simile reazione – all’inverso – mi avrebbe fatto sentire sola, poco considerata, poco amata. Perchè nella passione italiana del “dopo” che sa persino precedere il “prima”, avrei decifrato il silenzio, la mancata insistenza come assenza di reale interesse e avrei letto un eventuale messaggio successivo ad un lungo periodo di assenza come una forma di mal celata ipocrisia.
E invece, a distanza ormai di tanti anni di vita giapponese, scopro che qui è abitudine non insistere se l’altro non si fa sentire. Lo si immagina occupato, magari solo preso da altro, impossibilitato praticamente o mentalmente ad occuparsi della corrispondenza, degli incontri. Perchè capita che la testa sia piena. E scrivere anche solo un’email costi fatica.
In questi mesi in cui il mio unico passatempo è stata la cura di questo blog e della pagina fb – dedicando tutto il resto allo studio, al lavoro e a cose importantissime da raggiungere con la punta delle dita – ho riflettuto su quanta impazienza governi i rapporti.
Alcuni sopravvalutati per leggerezza, altri per troppa speranza, altri ancora per una mia incapacità di gestire virtualmente ciò di cui non ho mai avuto pratica esperienza, si sono persi. E la cosa non mi stupisce. Forse, persino, mi restituisce una sorta di serenità.
Perchè accadrà ancora. Che sarò occupata. Che non mi farò sentire per mesi. E so che le persone importanti, italiane e giapponesi che siano, resteranno. E che chi andrà via, probabilmente, non c’è mai davvero stato.
* In fotografia uno scorcio del fiumiciattolo che scorre accanto all’universita’ e che in questi giorni si è ghiacciato (1), il passaggio tra Kagurazaka e Iidabashi, il fiume Kanda (2) e il monte Fuji, in uno scorcio serale in cui il cielo va dal blu all’arancio (3).
Grazie, Laura, di farci questo regalo, di dare una forma ai tuoi pensieri e, talvolta, ai pensieri di noi lettori. Altrimenti muti.
Grazie…
Quanta saggezza… e quanta verità.
L’altra sera ho trovato finalmente il tempo di chiamare una mia amica che non sentivo da prima di Natale. “Sarà incavolata nera” ho pensato. Mi sono scusata e lei, ridendo, mi ha detto “Figurati. Ma lo sai che io non ho ancora trovato il tempo di disfare l’albero di Natale?”
Non sempre è pigrizia o menefreghismo, è che spesso la routine quotidiana ci assorbe e fagocita ogni minuto della giornata. In un Paese dalla vita frenetica come il Giappone lo hanno capito prima di noi.
Monica
il Giappone mi calza troppo a pennello XD
Fantastico!!!!questo è il primo commento che mi è uscito dalla bocca dopo aver letto tutto d’un fiato questo post…
Hai pienamente ragione..io credo che la nostra cultura ci porti sempre a scagliare la “prima pietra”…a non prendere in esame anche la nostra vita…a non guardre quanto siamo occupati ed impegnati noi per primi…
Questo tuo brano mi ha fatto pensare……questo è il mio modo di pensare io tengo tantissimo alle persone che mi sono accanto ma quando sono presa dalle cose tendo ad estraniarmi e a concentrarmi su poche di queste per farle al meglio…..così come spesso accade si stacca la spina e inevitabilmente diminuiscono i contatti con gli amici o parenti non che questi non sono importani ma perche la mente purtroppo può fare solo un certo numero di cose e la mancanza del tempo fa il resto, sarebbe molto bello che questo modo di pensare fosse diffuso anche qui perchè i più capirebbero che non è mancanza di voglia dei contatti e che anche se non telefoniamo non chattiamo o non mandiamo mail l’affetto rimane e i legami restano. Grazie a questo articolo mi sono detta “allora non sono la sola e non c’è niente di sbagliato in me!”. Questo mi fa pensare che sono nata nella nazione sbagliata o più semplicemente che le mie esperienze mi hanno portato a capire la giusta prospettiva di vedere le cose.
Meraviglioso! Semplicemente meraviglioso…le descrizioni iniziali, la rilfessione sucessiva…stupendo! =)
Posso avere l’ardire di chiederti un piccolo favore? Qual’è la “pronuncia” di “sarà occupato”? =)
Grazie mille in ogni caso! =D
bel modo di vedere le cose, ammetto che a volte mi sono fatta anch’io dei pensieri… preferisco decisamente questo punto di vista e cercherò di adottarlo sempre!
Grazie per tutto quello che ci racconti.. Adoro il tuo blog e il suo contenuto *-*
che meraviglioso pensiero Laura…!!!
i giapponesi sono così. spesso ignorantemente accusati di freddezza, sono in realtà un turbine di mille passioni, fra le quali, of course, rientra la riservatezza ed il rispetto per il prossimo e la sua vita personale…;)
Saggie parole… anch’io ero impaziente quando iniziai ad avere pen-pals in Japan che non si facevano sentire x mesi… ora invece ho capito e aspetto… i contatti che ho ora non mi dimenticano anche se passano mesi!
Grazie x descrivere così bene questo diverso punto di vista, diciamo così. 😉
Grazie mille a voi dei tanti commenti che arricchiscono questo post!
Valerio, si dice: “isogashiindaroune”.
Grazie mille!!! =D
Si vede che questo post è scritto tanto col cuore quanto con l’esperienza, col vissuto. Grazie ancora una volta per aver condiviso pensieri ed esperienze con noi!
PS: studiando io giapponese all’universita, mi duole ammettere di non conoscere il kanji di isogashii..Fortuna che qualcuno mi ha preceduto e ti ha già chiesto come si leggesse 😀
Dopo aver letto quello che hai scritto, non posso far altro che essere d’accordo con te Laura! Dalla mia personale esperienza ho imparato che un silenzio, sebbene lungo, non significa solamente “non mi interessi” oppure “ti ho dimenticato”,ma molte, moltissime altre cose! Per cui è giusto imparare a sospendere il “giudizio” (che brutta parola!)e aspettare che sia il silenzio stesso a spiegarci, a tempo debito, il suo motivo d’essere xD
credo di esserci riuscita…. Liana/Nana approda per poter commentare sul tuo blog ^__^
Direi che la tua è un ottima osservazione sull’argomento… Anche io a volte(ma con chi tengo veramente tanto) rischio di fare quella che rompe le scatoline ma a volte basta poco per “pulirsi” la mente con un “sara’ occupato”.
quanta saggezza! sinceramente con gli anni sono giunta alle stesse conclusioni.
e alla tavoletta riscaldata non rinuncerei neanche io!!!
un abbraccio 🙂
Bellissimo questo post, bella questa filosofia. Hai ragione, chi ti aspetta, è chi c’è sempre, e veramente, anche senza parole. Un abbraccio da Bombay
Bel post! Io in questo mi sento molto giapponese… non me la prendo mai se qualcuno non si fa sentire per un po’, dato che anch’io (causa lavoro e bambini) spesso mi isolo dal resto del mondo.
Posso chiederti in che università lavori? 🙂
Ah, grazie, che sollievo, che bella cura per la sindrome da abbandono che ci prende tutti, prima o poi!
Con i miei più cari e migliori amici è così, e sinceramente mi ritengo estremamente fortunata di avere intorno persone così intelligenti da pensarla come me e so che non è cosa comune. Quando ci si rivede c’è sempre tanto da raccontare e da raccontarsi ed è bello vederci a volte sempre uguali, altre volte tanto cambiati non solo fisicamente, ma anche spiritualmente.. Eppure la gioia nel ritrovarsi è sempre quella, sembra che il tempo non sia mai passato..
Non ti conosco e non ho letto molto del tuo blog (ma penso che lo farò)…ho letto questo post e dopo aver riflettuto molto posso dire che …condivito questo tuo amore per le cose seplici che il giappone (e i giapponesi) ti offre nella vita di tutti i giorni.
Io farò il mio primo viaggio in giappone a marzo, ma capisco benissimo quella senazione..come anche a molti altri luoghi vissuti e visitati. Forse quella sensazione, viaggia con noi.
Impareremo mai noi occidentali? egocentrici e infantili, a saper comprendere che quando un amico/a non si fa sentire per un pò di tempo è solo perchè è semplicemente occupato?…
Grazie per questo post, ogni volta è un vero piacere leggerti.
bellissimo, con calma e grazia. sono sempre così contenta di leggere quello che scrivi.
clemenza e pazienza..
La lettura di questo tuo vecchio post mi suscita svariate considerazioni che chissà se il dito sul telefono saprà tradurre:”questa cosa la diceva mia nonna Toscana che giustificava tutti perché ingenua e buona, e da cui abbiamo preso direttamente io è il mio babbo, e quindi se uno latitava c’era sempre il suo perché, riguardo alle amicizie io personalmente credo che sopratutto se nuove se ci si tiene davvero bisogna coltivare un po’. Da una Ishigakijima spazzata dai venti i nostri cari saluti!
Certo, anche l’impegno e’ importante. Ma la nonna ha sempre ragione. 🙂
é verissimo! 🙂
Quanto mi è piaciuto questo post.. in questo sono una giapponese. Mi ci ritrovo tanto anche se alcune persone che ho incontrato nella mia vita non so se hanno mai compreso questa cosa di me..
La comprensione e’ cosa rara. Ma e’ il grano in mezzo alla pula.
Condivido pienamente! Se le persone ti sono care e vicine, anche se non ci sente per lunghi periodi il rapporto rimane!
Infatti avendo amici del giappone… Quando le prime volte vedevo che ci mettevano taaaanto tempo prima di rispondere alle mie mail… Ci rimanevo un po’ male.
Però poi ho capito… E anche Taku (il mio “kareshi” giapponese) mi ha confermato quello che tu Laura hai scritto qui 🙂
Sembrate davvero tenerini voi due. Vi auguro il meglio!
Grazie. Ogni volta che leggo il tuo blog imparo qualcosa che serve a migliorare quella che sono e quella che voglio essere, grazie di condividere questi pensieri, credo aiutino a vivere la vita in modo più pieno e sereno 🙂
Si’ Simona, l’unica cosa e’ concedere a ognuno i suoi tempi. E ricevere in dono i propri.
Questo è stato uno dei primi post che ho letto quando sono capitata sul tuo blog..mi ha conquistata subito 🙂 è stata infatti la prima lezione che mi hai dato: capita di essere occupati,come in quel periodo stava capitando a me; tutti lì a dirmi “non ti fai mai sentire”,a farmi sentire in colpa del tempo che finalmente dedicavo a me stessa! E io a giustificarli,perché avrei probabilmente fatto lo stesso se fossi stata nei loro panni…Ma poi la tua esperienza mi ha insegnato che si può voler bene a qualcuno anche senza opprimerlo,e che è proprio vero che alcuni rapporti erano solo illusioni! thanks a lot 🙂
Lo ripeto. Questo e’ il tuo percorso di crescita. Sono felice che queste parole ti aleggino intorno nel mentre. Un abbraccio cara Maria Rosaria!
Mi spiace ma per la mia breve esperienza personale in Giappone, vedo le cose un po’ diversamente.
Un conto è il “non insistere” perchè effettivamente l’altro può essere occupato.
E un conto è “lo stile” giapponese di non farsi proprio sentire. Nessuno dei miei amici, mentre ero là si faceva mai sentire. Quando io scrivevo loro erano super entusiasti e contenti che avessi scritto loro ma nessuno di loro (se non quelli un po più “occidentalizzati”) mi ha mai contattato. Ripeto che poi rispondevano velocemente e con entusiasmo ma non iniziavano mai la conversazione. Questo è stato stressante per me. Tant’è che ho dovuto “scegliere” alcuni di loro su cui concentrare le mie forze per sentirli e incrementare il rapporto.
Quello che mi sono sempre chiesta è: se si comportano così anche con altri giapponesi che si comportano come loro, come fanno a creare rapporti di amicizia? Io sono straniera e ho mixato il mio modo di essere italiana con la modalità giapponese. Ma se dovessi fare al 100% come loro…perderei tutti i rapporti!
Io mi ritengo una persona che non si fa sentire molto e in italia questo spesso mi ha creato problemi e sicuramente non sono insistente, ma il “modo giapponese” è veramente estremo dal mio punto di vista!
Temo sia uguale anche tra di loro. Ma soprattutto ci vogliono tempi infiniti prima di iniziare un’amicizia, tempi che per noi occidentali sono a dir poco assurdi. Capisco bene il tuo sentimento perche’ e’ stato il mio per vario tempo.
C’e’ voluto tantissimo tempo ma ora posso dirti che la mia migliore amica e’ giapponese e che anche su quelli che sento raramente so di poter contare. A volte si fanno sentire piu’ loro di me… figurati. 😀
E’ una questione di tempo. 🙂
Bel post, su un argomento poi che tocca proprio tutti, giapponesi o italiani =)
E’ proprio vero che, quando la testa è piena, ci si dimentica. Il problema è che si va a pensare che dimenticare sia sinonimo di poca importanza. E non è vero. E, come ho sperimentato, si va a litigare su chi poteva scrivere o chiamare prima, e non si finisce più.
Quindi, alla fine, si aspetta. Dopotutto, è così ( ma anche in altri modi ) che si capisce chi davvero c’è, e vuole restare.
Esatto. Andare o restare. E’ tutto la’. E il tempo aiuta a capire.
Ciao, piacere!!!Mi chiamo Giulio.
Beata te che vivi in un anime,in un mondo fatato,ovattato: il kotatsu, il tatami, la Suica(io uso l`Icoca), le stradine di Kichijoji, i caffe` di Shinjuku…Che bello, mi ricordano tanti anime, tante situazioni tipiche di un mondo parallelo che ti obnubila e ti rende etereo, impalpabile, anzi ti rincretinisce.
La tua innocenza mi fa molta tenerezza. Sinceramente, anche un po` paura,se non altro per i proseliti… T_T
Beata te.
Pero`non posso esimermi dal commentare quell`ultima tua affermazione-permettimi-” E che chi andra’ via, probabilmente, non c’e’ mai davvero stato”.
Penso che sia una delle cose piu` sciocche e presentuose che ho mai letto, in tanti anni di vita giapponese,decine di amici-conoscenti-nemici e viaggi vari.
E ancora, penso che sia molto poco rispettoso per tutti coloro i quali se ne sono andati per vari motivi dal Giappone.
Mi fanno tristezza anche tutte quelle persone che commentano dandoti ragione (carinissima La Bonny che dice :”Però poi ho capito… E anche Taku (il mio “kareshi” giapponese) mi ha confermato quello che tu Laura hai scritto qui”… Beh, mi stupirei se il tuo “Taku” negasse qualcosa che NON elogia i giapponesi).
Infine, chi ripudia il proprio paese senza conoscerlo, la propria gente, il proprio essere,e` -parere personalissimo!!!!-un vile, un debole.
兎も角、帰化したら?
ちゃお!
Buon lavoro!
Giulio
Beata me, hai assolutamente ragione 😀
Ciao ciao!
P.S. Dimenticavo… ” E che chi andra’ via, probabilmente, non c’e’ mai davvero stato” si riferiva alle amicizie, alla profondita’ dei rapporti. Evidentemente sei partito cosi’ prevenuto che non hai neppure letto… Alla luce di cio’ impossibile prendere sul serio un’opinione. Buona vita!
Ciao, non credo di essere cosi` prevenuto, forse non ci siamo capiti l`uno con l`altra. In ogni caso ti chiedo scusa per averti fatto rispondere con un p.s. di ben 4 righe al mio commento.
Ovviamente, l`andarsene, il “partire” riguarda TUTTA la sfera dell`essere umano: inclusi i rapporti di amicizia che in Giappone hanno una consistenza estremamente diversa rispetto a quelli italiani.
Mi rammarica-ma in fondo mi solleva- il fatto che dal tuo mondo fatato non riesca a prendere sul serio la mia opinione, purtroppo e` un problema tuo non mio.
In ogni caso, ero serio quando ti ho chiesto,in giapponese, di naturalizzarti,di prendere la cittadinanza…Avrai un nome in kanji…
Grazie per avermi letto.
Buona (eterea)nipponica amicizia.
Giulio
Non rammaricarti, io sto benissimo. 😀
Prego, L.
La verità è che tutti questi commenti sul ‘ma che bello’ che è questo modo di fare non sono quasi mai scritti da chi ha avuto l’esperienza diretta di provarlo sulla propria pelle.
Questo modo di fare inizialmente lo capivo e apprezzavo perchè un po’ ci libera, come dice l’autrice del blog. Spesso i giapponesi però ne abusano e si nascondono un po’ troppo dietro al 忙しかったです. Persone da noi amate, amici che vorremmo vedere, che improvvisamente non si fanno più sentire perchè “sono occupate” quando sai benissimo che nel week end o giorni liberi avrebbero almeno quei 10 minuti che serve per chiedere almeno “Come stai? Com’è andata la tua settimana?”. Allora ti ritrovi spiazzato, a pensare “Capisco che è abitudine, ma mi sento un po’ abbandonato, cos’è cambiato da prima?”, pur capendo che è ovvio che a volte si riesce ad essere meno presenti nella vita altrui (capitano i periodi davvero indaffarati). Penso che chi ci tiene davvero però trova quei 5 minuti per scrivere un pensiero.
Credo che anche tu abbia ragione Nicole, soprattutto per il fatto che non siamo tutti uguali e il punto di vista varia tantissimo da relazione a relazione.
Credo d’altronde che le persone piu’ importanti, quelle cui scegliamo di affidare i nostri sentimenti, debbano essere in linea con il nostro personalissimo modo di vivere le relazioni, amorose o amicali che siano. Se tu hai bisogno di quei 10 minuti e l’altro non te li concede, evidentemente non e’ possibile instaurare con quella persona nello specifico il tipo di rapporto cui aneli.
Credo quindi, in sintesi, che questo concetto sia applicabile con alcune persone, ma non con tutte. L’importante, credo, sia evitare di colpevolizzare e colpevolizzarsi se davvero si e’ tanto impegnati e in certi periodi non si riesce a gestire al meglio una relazione. 🙂
Mi avrebbe fatto bene leggere prima “sarà occupato”? Ricambio in modo del tutto inadeguato: https://pierangelocorradi.wordpress.com/
se risulterà noiso o peggio me ne scuso anticipatamente. Saluti e grazie per le note.
Sarà occupato o non gli vengo proprio in mente?
Quanta verità