Un’altra Tokyo

Quaranta minuti in bici. Lezioni e libri nello zaino.

Mi basta il primo sguardo al campus, mentre mi avvicino al parcheggio, per capire che ho sbagliato ancora. Che a lezione, stamattina, ero diretta solo io.
La mattina è d’improvviso libera. La panetteria, altri quaranta minuti in bicicletta, scrivo a lungo e quando riemergo sono già le due.

Mi godo la bella giornata e il tempo che ho sfilato dalla bocca di una giornata qualsiasi di lavoro.
Vanno sfruttati gli imprevisti.

Percorro in bicicletta le stradine fino a casa, il lungo viale alberato al centro del quale scorre un fiumiciattolo quasi in secca.

Piccole casette a due piani delimitano un immaginario marciapiedi. Donne in bicicletta, un uomo seduto su una panchina a leggere il giornale e qualche cane insieme al proprio padrone.

Tokyo non è solo cemento e grattacieli e il contrasto che si assapora in questa città non smette di stupire. Bambù. Rumore di gomme sull’asfalto e il frusciare del vento tra le fronde. E’ anche questa la capitale del Giappone.

Sabato siamo tornati nel nostro caffè francese preferito, a pochi passi dall’università vicino a casa e dalla biblioteca comunale. I dolci sono squisiti e non hanno delle normali pasticcerie quell’eccesso di perfezione che te li fa gustare con un grado in meno di piacere.

Ogni due settimane circa, inoltre, ospita una mostra differente. Piccoli quadretti alle pareti, oggetti di artigianato o stampe. E ogni volta salire le ripide scale della pasticceria/caffè è un’emozione perchè non sai come saranno decorati i muri e a quale tavolo siederà l’artista che, di nascosto, proteggerà le sue creature.

*In foto uno scatto del nostro amato caffè, sotto una foto fatta accanto al lato della stradina percorsa stamattina e i miei sandali preferiti.

Dell’oro

A tratti la vita sembra accelerare. E’ come la scrittura. Basta mettere tutto al presente che i personaggi iniziano a trottare. Poi si aggiungono i verbi e si sfoltiscono aggettivi ed ecco che il ritmo si fa vertiginoso.

A Takadanobaba, ieri. Il murales dedicato ad Astro Boy  di Osamu Tezuka (ne parlero’)

L’università è ripresa a pieno ritmo. La terza lezione (e in un caso la prima) è finita. Inizio a ricordare i nomi e a distinguere le facce. Superano le duecento. Ci vuole ancora un po’ di tempo.
Poi c’è il romanzo e ci sono i racconti. Il tempo con Ryosuke, sempre troppo poco, e con la Gigia. Mangiare, dormire, sistemare, cucinare. Si snocciolano giorni come fossero perline. Di quelle che dal filo scappano furiose sul pavimento, sotto al divano, sotto alle librerie. E non si recuperano più.

Da ieri è iniziata la Golden Week** (ゴールデンウィーク) detta anche Ōgon shūkan (黄金週間)、o Ōgata renkyū (大型連休). E abbreviata spesso in GW.
E’ l’oro che si ama, il gold, perchè è prezioso, perchè è tempo da consumare in libertà. Si tratta di un periodo che cade tra la fine del mese di aprile e l’inizio di maggio in cui sono concentrati molti giorni di festa nazionale.

Ancora Takadanobaba. Vivace e colorata.

Ieri, 29 aprile, è stato lo Shōwa Day (昭和の日). Questo giorno ha cambiato nome nel 2006.

Per via degli accadimenti recenti il calendario accademico è un pochino mutato e ieri sono comunque andata a lavorare. Ma è stato assai piacevole. I treni erano quasi vuoti e non è stato necessario tornare fino al capolinea nella direzione opposta per poter trovare un posto a sedere. In verità non odio la folla come capita spesso a chi vive a Tokyo, ma la liquidità dei movimenti che ti permette solo l’essere relativamente sola in uno spazio è meravigliosa.

Ho potuto aprire il pc sulle ginocchia allungando un po’ le gambe ed ho scritto serena.
C’era più giorno sul treno. Più luce. Perchè nessun passeggero era in piedi, accalcato davanti alle uscite o davanti alla fila dei posti a sedere. Nessuna ombra tra me e il paesaggio fuori dalla Linea Tozai.
Un occhio al romanzo e uno ai quartieri che scivolavano fuori dalle vetrate. E, come sempre, ho trovato Tokyo stupenda.

Nel cortile di una scuola vicino a casa, tornando in bicicletta. I “koi-nobori” appesi qui e la’ per il Giappone in occasione della Festa dei Bambini (5 maggio)

**I giorni di vacanza in Giappone non sono rari ma molto raramente sono consecutivi e, soprattutto, non riescono a riequilibrare il carico di lavoro che caratterizza la maggior parte dei mestieri, a partire da salaryman e OL (office lady), colmi di straordinari fino a scoppiare.
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La cake salé alla giapponese *^o^*

L’origine non e’ giapponese ma i libri di cucina che ho scovato nelle librerie di Tokyo mi hanno sempre entusiasmato. 

I giapponesi sanno aggiungere quel tocco delicato, quel piacere mirato non solo al palato ma anche all’occhio che, personalmente, mi fa amare ancor di piu’ i cibi di partenza.


Piu’ volte in questi mesi, dopo aver divorato piu’ libri dedicati tutti alle cake salé, mi ci sono cimentata provando a cucinarne diverse varianti. In questo semplice post alcune fotografie dei risultati e la ricetta tradotta dal giapponese della ricetta base.

                           a.

            b.                                                                                c.

d.
 
 

                                                                                     

CAKE SALÉ
( 1 stampo della grandezza di 16cm×7cm×6cm di profondità) 

Ingredienti:                                                                            e.

(A)
Farina tipo”00″     100 g
Farina tipo”0″       50 g
Lievito                  2 cucchiaini

(B)
Uova                     3
Olio di semi            4 cucchiai
Latte                    2 cucchiai
Sale                      2 pizzichi
Pepe                     q.b.

※Consiglio caldamente l’uso dei cucchiai appositi per la misurazione degli ingredienti!

Preparativi iniziali:

  • Tirare fuori dal frigorifero le uova un’ora prima e riportarle a temperatura ambiente
  • Setacciare insieme le polveri (A) e tenerne a parte un cucchiaio
  • Preparare lo stampo (strofinare sulla superficie interna burro sciolto e successivamente farina per far si’ che non si attacchi o, in alternativa, usare della carta da forno, nel qual caso e’ consigliabile usare un pochino del composto per far aderire bene la carta alle pareti dello stampo)
  • Preriscaldare il forno a 180°C

Preparazione:

  1. Mettere nella ciotola le uova (B) e con una frusta sbatterle bene. Aggiungere in ordine gli altri ingredienti (B) e mischiare bene.
  2. Aggiungere le polveri (A) setacciandole insieme nella ciotola. Con l’aiuto di una spatola di gomma mischiare bene fino a ottenere un composto elastico e omogeneo.
  3. Aggiungere gli ingredienti con cui si intende farcire la propria cake salé (mischiarli previamente con il cucchiaio di farina lasciato a parte, in modo che durante la cottura non sprofondino sul fondo)
  4. Versare il composto ottenuto nello stampo e da un’altezza di 5 cm lasciarlo cadere sul nostro piano di lavoro per un paio di volte in modo da eliminare l’aria rimasta sul fondo.
  5. Scaldare la nostra cake salé per 10 minuti a 180°. Tirarla fuori e inciderla a metà con un coltello per 1 cm di profondità per agevolare ulteriormente la lievitazione. Abbassare il forno a 170° e cuocere per 25~30 minuti.
  6. Ultimata la cottura estrarre subito dallo stampo e lasciar raffreddare.
    ※Nel caso abbiate usato la carta da forno potete anche lasciarla nello stampo fino a che non si sia completamente raffreddata.

                     f.

In foto:

a. Cake salé ai fiori di umeboshi con involtini fritti ripieni di formaggio, insalata mediterranea e contorno di funghi e patate al rosmarino
b.  Cake salé alle melanzane
c. Cake salé zucchine e chorizo
d. Cake salé alle melanzane fritte, macinato, pangrattato, basilico e sugo di pomodoro
e. Cake salé ai frutti di mare e asparagi, al profumo di limone e zafferano
f. Cake salé ai funghi champignon, broccoli e carne macinata saltata con il pangrattato

Un nome importante

Un giorno che è la collezione di un centinaio di facce. E di parole. Ognuna con un suo preciso peso specifico.
Il lavoro ottimizza gli incontri. Sfiori soltanto le vite degli altri, o ne assaggi una porzione minuta, ma ciò che rimane e che ti stimola più di ogni altra cosa è la fame che resta. Vorresti sapere di più di quelle persone, avere maggiori dettagli. Scavare.

Ho iniziato a fare l’appello. I nomi, uno per uno, facendo attenzione a non sbagliare. E’ l’antipasto di ogni lezione: loro imparano a dire presente, io imparo a collegare i nomi ad un suono. Kaori, Yuka, Masumi etc. etc.

Alla fine di una di esse, mi si avvicina una ragazza che assomiglia tanto ad un ragazzo. Sono le movenze, gli abiti, la pettinatura, il portamento.
Stringe un foglio scritto fitto fitto tra le mani. Un documento d’ufficio.

“Sensei, mi scusi, io in verità avrei cambiato nome proprio oggi. Dalla prossima volta potrebbe chiamarmi in questo modo?”, mi dice scandendo il nome da uomo che ha scelto per sè.

Forse esagero d’empatia, ma avverto un orgoglio profondo nel suo modo di informarmi. Nel modo in cui pronuncia il suo nuovo nome.
All’inizio non riesco a scriverlo correttamente sul registro e chiedo a lei, anzi a lui, di copiarlo a matita in modo che io possa ricopiarlo poi con calma più tardi.

“Come mai hai cambiato nome, se posso?” chiedo.

“Conosce il gender disorder? Sono andato proprio oggi all’ufficio per ritirare i documenti”

“Meraviglioso” rispondo.

DSC03673

E non c’è finzione. Perchè la trovo veramente una cosa civilissima che ci si possa autodeterminare sessualmente, che ci si possa fare un dono così importante come un nome nel quale riconoscersi davvero.

*In foto le strisce pedonali di Tamachi, come i tasti di un pianoforte a coda. Creano, inoltre, un effetto ottico che non avevo considerato. Nell’altra la tempesta di neve ad Hakodate.

Non ci si Arrende alla Pioggia

Qui sotto una poesia di Miyazawa Kenji, originario di Hanamaki nella Prefettura di Iwate, che ben esprime la perseveranza e la forza insita nel modello di uomo e donna a cui ci si dovrebbe ispirare.

In questo preciso momento storico essa si carica di ulteriori significati, pregni di speranza e determinazione. Lo spirito del “ganbaru”, del “ce la metto tutta (comunque vada)” e’ radicato fortemente nel popolo giapponese, dall’uomo piu’ umile a quello piu’ importante.

Grazie a Y. A. per aver condiviso questa poesia sulla sua pagina facebook. Il titolo del post e’ quello da lui scelto per la nota in cui ha inserito la poesia che, con enorme piacere, copio qui sotto in lingua giapponese e italiana.
E grazie a Paola Ghirotti per la segnalazione del video in cui l’attore Ken Watanabe la recita con la sua splendida voce.

雨にも負けず

「雨ニモマケズ」

雨にも負けず
風にも負けず
雪にも夏の暑さにも負けぬ
丈夫なからだをもち
慾はなく
決して怒らず
いつも静かに笑っている
一日に玄米四合と
味噌と少しの野菜を食べ
あらゆることを
自分を勘定に入れずに
よく見聞きし分かり
そして忘れず
野原の松の林の陰の
小さな萱ぶきの小屋にいて
東に病気の子供あれば
行って看病してやり
西に疲れた母あれば
行ってその稲の束を負い
南に死にそうな人あれば
行ってこわがらなくてもいいといい
北に喧嘩や訴訟があれば
つまらないからやめろといい
日照りの時は涙を流し
寒さの夏はおろおろ歩き
みんなにでくのぼーと呼ばれ
褒められもせず
苦にもされず
そういうものに
わたしは
なりたい

宮沢賢治
[1896-1933]

“Alla pioggia non si arrende”

alla pioggia non si arrende,
al vento non si arrende,
alla neve e al caldo estivo non si arrende,
ha un fisico robusto.
mai adirato,
non ha smanie,
sempre sereno e sorridente.
ogni giorno mangia settanta grammi di riso integrale,
il miso e un po’ di verdura.
In tutti i casi
non bada a se stesso
per conoscere, capire
e non dimenticare.
vive in una piccola capanna di paglia
all’ombra di un bosco di pini.
se ad est c’è un bambino ammalato
va ad assisterlo,
se ad ovest c’è una madre stanca
va per portarle quei fasci di riso,
se a sud c’è un moribondo
va per dirgli di non avere paura,
se a nord c’è un litigio o un contenzioso
va a dire di lasciar perdere le cose insignificanti.
quando è periodo di siccità piange,
quando è estate fredda cammina preoccupato.
da tutti viene detto un sempliciotto,
non è mai lodato,
però non è nemmeno causa di sofferenza.
io voglio diventare
una persona così.

Kenji Miyazawa
(1896-1933).

*In foto due scorci di Tokyo.
Incredibile vero? Tutti la immaginano solo ed esclusivamente come una delle città più tecnologiche e cementificate al mondo e invece e’ piena di verde con sprazzi di campagna qua e là!