L’ago
Dei luoghi che ti restano nel cuore ce n’è sempre una manciata.
Delle cose per cui vale la pena faticare nella vita, dove faticare non è solo corpo ma è anche mente, ancora meno. Ho sempre pensato, però, che se si è nel posto giusto, si soffre meno e si inventano le parole giuste per affrontare tutto.
Credo sia questa la ragione per cui ho sempre una gran paura di lasciare Tokyo, anche solo per qualche giorno. E’ la città, il suo ritmo a cementificare l’ago della mia bilancia. Gli estremi della corda sulla quale cammino sicura ormai da anni.
Ci volevano le luci della città, la quotidianità fitta di sconosciuti che ti camminano, corrono e respirano intorno, per farti vivere bene. E vivere “pieno”.
Li guardi i milioni di esseri umani che ti volteggiato intorno e non ti senti sola.
Perche’ io a Tokyo, da qualche anno a questa parte, non mi sento sola. Mai.
A volte parallelamente. A volte sopra, nei tanti livelli di cui è fatta Tokyo. Li vedi gli Altri. Mentre tu pensi ai fatti tuoi e loro ai loro. Inevitabilmente li immagini diversi da quello che sono.
Aspetto martedì. E poi sarà quello che sarà.
Bocca cucita. Lì dove le dita, ultimamente, si sono cucite da sole. Lontano dalla tastiera del pc.
Pazienza, Laura. Pazienza. Che l’attesa fa bene alla salute. Tempra.
Rende persino più forti. E tolleranti nei confronti del ritmo tutto proprio della vita.
*In fotografia le rotaie della Tozai Line, dal treno in corsa; l’edera che cresce rigogliosa intorno ai muri del mio caffè prediletto e un cagnolino che aspetta la padrona.