Di Ginza e della voce

Ginza di domenica mattina ha tutta la luce addosso.

E’ il quartiere “alto”, quello dove la ricchezza la si percepisce con piu’ immediatezza e le strade sono larghe come non mi capita, invece, di vedere in quartieri come Kichijoji che abitualmente frequento.

Le strade sembrano letti di un solo fiume e la domenica mattina, quando Ginza ancora dorme, sono vuote di tutto – macchine, pedoni …
E la luce ha spazio tutto per sè e ci sguazza dentro.

Tutto merito del mio timore di arrivare tardi. Giunta mezzora prima dell’orario fissato per l’appuntamento, passeggiando ho fatto qualche scatto, maledicendo la batteria quasi scarica della macchinetta.

Domenica mattina, a Higashi-Ginza, una deliziosa prima volta.

Con altri cinque colleghi e la coordinatrice ci vediamo al caffè accanto allo studio di registrazione dove incideremo le tracce della parte auditiva dell’イタリア語検定 (l’esame di certificazione dell’abilità linguistica dell’italiano).

La prova microfono, il copione e io scopro d’essere “rosa”, perche’ quello e’ il colore con cui sono evidenziate le parti che devo leggere io.

La voce che temi tremerà e la gola che diventa la protagonista assoluta del corpo. E’ lei e non sei più solo “tu”.

All’inizio deglutire così tanto che non ti accorgi di farlo già inconsciamente infinite volte al giorno.
Ma poi vedi intorno a te professionisti che calibrano perfettamente velocità e interpretazione e non vuoi essere da meno. Ganbaru ganbaru ganbaru!

A volte dialoghi, a volte monologhi. E si ride, immaginando le situazioni. E’ il bello dell’essere tutti italiani. Non si perde neppure una sfumatura.
Mi diverto come non mi capitava da… da quando?

Si va abbastanza veloce ma con estrema precisione. Il nostro coordinatore, meticoloso, ci fa notare piccoli difetti. In quel caso si riascolta. Se necessario si rifà. E riascoltarsi fa un effetto stranissimo. Perche’ la propria voce la si sente sempre diversa dentro il corpo.

Prima devo essere arrabbiata, poi felice, poi neutra, poi c’è chi è geloso di me, bisogna dare indicazioni e così via per un’infinità di diverse situazioni.
Ed è bellissimo anche solo ascoltare gli altri, guardare i loro volti concentrati, vederli gesticolare partecipando a ciò che stanno leggendo o improvvisando. Perchè alcuni dialoghi vanno improvvisati. Si aggiunge naturalezza al parlato. Si aggiusta mentre si legge.

Le nostre voci sul computer dall’altra parte del vetro, dove la nostra adetta al suono interrompe, riprende, registra e ci dà il via.

Le novità fanno bene. E quando usciamo dallo studio, il pomeriggio è ancora lì. Una passeggiata a Ginza con Alessandro e poi a casa dalla Gigia.

Ma rimane tutta l’emozione fino a sera e, se non fosse stato grazie ai miei colleghi che mi hanno saputo mettere a mio agio dall’inizio e alla fiducia di Marco, non avrei mai passato una domenica di luglio così bella.

Quindi grazie. Grazie davvero!

*In foto Ginza. Solo lei.

Dei luoghi e delle persone

Più dei luoghi le persone?
Ci sono edifici che catturano, strade e scorci che sembrano parlare.
Le persone – che siano donne, uomini, vecchi o bambini non importa – hanno un fascino diverso.
Ma non misuro intensità. Come non paragono il paesaggio italiano a quello giapponese. I paragoni creano superiorità, inferiorità. Non sono fatti per l’Amore.

Sta finendo il lavoro. Le vacanze sono dietro l’angolo.
Nell’attesa le sogno, correndo ad Harajuku, a Kichijoji al cinema con Miwa e con Ryosuke, da sola nei caffè della “mezza” Tokyo che conosco.
Ultimamente nella mia borsa non manca mai, oltre al pc, al dizionario e ai libri per lo studio, anche la macchinetta fotografica. E’ un affarino piccolo e poco costoso che pero’ accompagna la mia meraviglia.
E scopro d’essere ancora piu’ attenta alla vita che ho intorno e ringrazio chi, con lo stesso entusiasmo, quelle foto le guarda, le legge perchè fa accrescere ancor di più il mio.

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1.
Una liceale particolarmente fashionable. Una di quelle che compaiono sempre tra i banchi di scuola. Bella, disinvolta e (forse) sicura di sè. (Harajuku, luglio 2011)

2
Un abbinamento curioso e non voluto. Un ragazzo in yukata, uno stile molto sensuale e un blu d’impatto. Capelli gelatinati e il ventaglio in mano.
Accanto, attraversando insieme la strada, due ragazze dallo stile completamente diverso. Trucco scuro, capelli tinti, borchie e pelle. (Harajuku, luglio 2011)

3
Quella che a lungo sara’ la mia foto preferita di “persone”. Ad Harajuku, qualche pomeriggio fa.  Dolcissimi!

4
Un uomo che si affretta ad attraversare la strada a due passi dalla stazione di Takadanobaba 高田馬場. Il semaforo ormai segnala il rosso. Sullo sfondo il murales dedicato a Osamu Tezuka, soprannominato per la sua importanza 「漫画の神様」 ovvero ‘il dio dei manga’.

5
All’incrocio di Shinjuku Ovest. Uno stile tutto suo. E un colore tutto suo. Molto manga.

6
Della levità. Shinjuku. Luglio. La mia preferita finora per la leggerezza dei passi, il contrasto di due stili nell’essere comunque entrambe “donna” e nello strano vuoto tra loro e tutto quello che hanno intorno.

Delizie dell’estate

L’estate tokyota, sebbene afosa e forse difficile da amare per chiunque non vi sia abituato, io l’attendo con ansia ogni anno.
Delle tante delizie, giusto tre.

Farfalle enormi, colpo d’occhio nell’estate giapponese.
Nere, bianche, con le ali frastagliate di altri colori.
E’ un volo che appare più pesante e occupa porzioni d’aria a cui un insetto di “normali” dimensioni non potrebbe mai aspirare.

Poi ci sono i 風鈴 (furin), che tintinnano nel vento come monetine tra le dita, come un leca lecca tra le labbra di un bambino o il cucchiaino che ingordo sbatte sul piattino.
E’, per me, il suono acuto delle cose belle e contingenti.

E infine c’è il fischietto del venditore di tofu che in bicicletta percorre le stradine di quartiere. C’e’ tutto l’anno in verita’ ma solo in estate mi soffermo ad ascoltarlo.

In questa zona e’ un uomo di mezz’età con il volto deformato da una qualche malattia o malformazione congenita . Non l’ho mai fotografato per pudore, perchè temo possa fraintendere la mia curiosità che e’ invece diretta ad una figura professionale che, semplicemente, in Italia non esiste.

E quando torno a casa dal lavoro, macinando brevi o lunghe distanze in bicicletta, sento quel filare di suoni – anzi un filare unico e continuo per vari secondi – e apro il portone del palazzo più contenta.

"Setsuden" alla tokyota. Dei risparmi energetici e dell’estate giapponese

Quest’anno a Tokyo fa più caldo.
Le riduzioni energetiche pianificate 節電 (setsuden), decise in seguito all’incidente della centrale di Fukushima, si avvertono. Non tantissimo invero ma un po’ sì.

I calendari accademici sono mutati. I giorni lavorativi di Ryosuke sono anch’essi cambiati e ridisegnano le nostre settimane. Il sabato o la domenica si lavora e si destina magari a un lunedì o a un mercoledì il canonico riposo.

Nelle aule universitarie l’aria condizionata è centellinata e vedo sbattere うちわ (uchiwadavanti ai volti dei ragazzi.
Gli esami di fine semestre si avvicinano, i preparativi urgono e vedo gli studenti sempre più emozionati.
Si tirano le somme di quel che si è imparato e, nonostante la fatica, la soddisfazione di poter parlare una lingua così distante dalla propria in buona parte li ripaga.

Inoltre, sempre per il 節電 (setsuden) nei treni la luce, in vari tratti del percorso, viene spenta durante le ore diurne e capita che, nel leggere un libro, lo sguardo s’interrompa per il sopraggiungere di un tunnel. Un piccolo sussulto.

Una lampadina che dal poster o dall’adesivo che la incornicia nelle stazioni e a bordo dei treni (cfr. foto) fa una faccia difficile da interpretare. Sta dormendo? Sta sopportando? Si sta riposando? Dove non necessari i macchinari – come ad esempio nelle toilettes il suo getto d’aria che asciuga le mani, o l’illuminazione esasperata dei distributori di bevande nelle strade – sono spenti.
Chi non era qui una anno fa forse neppure se ne accorge.

Ed altre piccole accortezze legate all’illuminazione e al consumo di aria condizionata che danno la misura di una collaborazione collettiva. Anche il vestiario un po’ muta e ci si spoglia più del solito.

Tokyo, per sua stessa natura, è un po’ sprecona ed egoista.
E anche se Tokyo non è il Giappone – che di certo non ha bisogno di tutti questi minuti vizi da soddisfare – credo che ce la stia mettendo tutta.
Anzi. Proprio perchè è figlia unica e viziata credo faccia più fatica delle altre città ad adeguarsi al profilo “basso” che l’urgenza le richiede.

*In foto Shinjuku. Un incrocio pieno di luce. Poi il poster del setsuden nella stazione di Kichijoji e ancora Shinjuku, le vetrine di Uniqlo all’uscita ovest della stazione.

Recensione sul Venerdì di Repubblica

Da oggi si riprende il blog con più assiduità. Perchè esso è l’inizio di tutto e perchè ci sono cose che mi fanno capire che rispetto ad altre forme di comunicazione è quella che resta più di altre. Ed ha più intensità.

Grazie a chi lo ha segnalato, a chi lo ha scritto e a chi me lo ha inoltrato.
Per le riduzioni energetiche pianificate oggi si va a lavorare, nonostante sia sabato.
頑張ります~. Ganbarimasu!