“Prima persona singolare” di Murakami Haruki … e io
Essere sulla quarta di copertina del nuovo – bellissimo – libro di Murakami Haruki, non ha prezzo.
«Ci si può preparare»
«In un momento in cui non si può viaggiare, cosa si può fare?»
«Ci si può preparare a viaggiare.»
Ho risposto così, oggi, durante un’intervista. E mentre lo dicevo capivo quanto fosse vero.
Ricordiamo solo le esperienze per cui abbiamo faticato. I viaggi per cui ci siamo preparati a vedere. Per cui abbiamo studiato i percorsi, qualche frase, i cibi che avremmo voluto mangiare. La storia.
Conoscere le cose, in fondo, significa creare nella nostra mente un #posto per loro. Un posto che prima non c’era.
Come una stanza dipinta per un bimbo in arrivo, la tavola apparecchiata per due, l’ospite che suona il campanello.
Ogni #libro che scrivo ha in parte quel senso.
– Se è un romanzo – che metta in luce sentimenti che erano pure dentro di sé, ma come i vestiti in una stanza senza un armadio, erano a terra, sgualciti, un posto per loro non c’è.
– Se è un saggio – che metta in luce cose che erano nel mucchio e che, venendo in questa terra, si noteranno – certi rituali descritti in «Tokyo tutto l’anno», certi comportamenti dei giapponesi in «Wa».
– Se è un libro di fiabe come «Goro goro» non cambia. Perché ci scommetto, che la prossima volta che verrete in Giappone e guarderete il Monte Fuji, penserete a Daidara-bocchi, il Daruma non sarà solo un oggettino carino posato sugli scaffali di un negozio ma vi racconterà la resilienza, la sua storia. E le volpi 🦊 – disseminate ovunque nei santuari – vi racconteranno la trasformazione, il senso dell’Ombra per Jung.
Ricordiamo solo le cose su cui abbiamo faticato. Le cose che abbiamo studiato. Riconosciamo solo ciò che sappiamo.
Photo Credit 📷 @yu_ya____1173 via @giapponizzati
“Raccontare l’altrove”
E per me sarà sempre Carolina che cercava Milano dentro Berlino, Maria che trovava un pezzo di Taranto in Torino, Giulia che ha sollevato tra le dita la sua infanzia, Ludovica che ha troppi talenti e deve scegliere su quale concentrarsi, Alessandra che fa l’ostetrica ma ha un grande voglia di raccontare, Serena che ha la meraviglia persino nelle virgole e nei punti e ama in due lingue e due città differenti, Gabriella e i suoi giardinetti di Osaka che si ingoiano tutte le periferie del mondo, Nadia che trascina nel racconto – qualunque racconto le venga in testa, Paolo che ha una capacità rara di spiegare l’ironia e insieme la bellezza del suo mondo. Chiara che è timida ma ha un grande cuore. Mara che sta defilata ma avrebbe tante cose da dire. Andrea, che ora aspetto il libro e non aver paura di tentare (non averci provato e poi rimpiangerlo tutta la vita: questo sì che deve spaventarti). Davide – che non si capisce perché mai non abbia buttato giù se non un romanzo almeno un blog di successo. Maria Rosa che è timida ma che, quando parla, crea un’aureola di silenzio intorno a sé. Nicoletta che deve mettersi al centro. Patrizia che è pura energia, di quella tempra che sa prendere a morsi la vita. Patrick che quando lo leggi davvero ti pare d’essere risucchiato altrove – e ti invoglia a restare.