Kagurazaka, in salita e in discesa

Kagurazaka è così. Tutta sali e scendi. E se Tokyo, per lo più, si contraddistingue per la sua pianeggiante bellezza tutta spalmata a perdita d’occhio, ci sono zone che non rispettano l’immagine generale e vanno su e giù.

E anche i passi scivolano in giù e poi salgono su.

Le biciclette prendono una naturale rincorsa e, come in questo scatto casuale, le madri trattengono i passi dei bambini. Un’anziana a passo lento scende la via. E’ il giorno di Natale, il 25 dicembre ormai trascorso, che era già vestito a Capodanno. Del bambù e delle decorazioni che ancora oggi decorano le porte delle case e dei negozi.

A Tokyo ci sono fiumi, montagne e campi coltivati. Zucche, melanzane, angurie etc. etc.
E ci sono quartieri, come lo splendido Kagurazaka, che è fatto di salite e di discese.

Il giorno del primo sogno dell’anno (1/2)

Oggi, 2 gennaio, in Giappone e’: il giorno del Primo Sogno 「初夢」

Antiche tradizioni narrano che si possa predire la fortuna di una persona sulla base del primo sogno dell’anno che lui o lei fara’.

In genere si considera il “primo sogno” 初夢 quello che si fa la notte del secondo giorno del nuovo anno.

Un detto indica come segni di buona fortuna vedere in sogno:

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– il Monte Fuji 一 富士(ふじ)

– due falchi 二鷹 (たか)

– tre melanzane 三茄子 (なすび)

 

Ogni parola è legata a una specifica simbologia e a giochi di parole che rendono questi tre elementi particolarmente fortunati. Un trucco pare sia quello di iniziare a pensare fin da qualche giorno prima a questi tre elementi in modo da sognarli poi nei giorni successivi. Da adesso, allora, melanzane, falchi, monte Fuji…

Chissà cosa sogneremo questa notte. Spero, comunque, cose belle…

Il nostro Capodanno alla tokyota

A Tokyo è iniziato da tre ore il 2012.
Sono le 3 della notte e siamo tornati a casa da pochi minuti.
Stanotte i treni a Tokyo circolano ininterrottamente fino a domani sera e tante persone, quando noi abbiamo preso le bici per tornare a casa, erano ancora in strada.

In Giappone il Capodanno non si festeggia con i fuochi d’artificio. Il pericolo d’incendi è troppo alto e da sempre gli spettacoli pirotecnici sono appannaggio dell’estate e dei suoi splendidi 「花火大会」.
Il Capodanno ha piuttosto il sottofondo musicale delle campane dell’o-tera お寺 che iniziano a suonare dalla mezzanotte.

E per noi è scoccato il nuovo anno mentre eravamo in fila per la “prima visita al tempio” 初詣 che è tradizione giapponese per festeggiare l’avvento del primo giorno dell’anno. Decine, forse duecento persone – ragazzi soprattutto – che hanno atteso il loro turno per suonare la campana ed esprimere il desiderio per il 2012.

Due inchini. Due battiti di mano. Il desiderio sussurrato nella mente. Un altro inchino per finire.

E così è stato anche per noi. Desideri corposi. Importanti. Espressi a capo chino.

Ma l’ultimo giorno dell’anno ha anche il sapore di soba. Il toshikoshi-soba 年越し蕎麦 che saluta “con gusto” l’ultimo giorno del vecchio anno.

*Tantissima fortuna nel primo scatto. Il bonzo, vestito secondo il cerimoniale, che a lungo prega nel tempietto, davanti alle ricche offerte di frutta e verdura che si intravedono sul fondo.Le scarpe, nella luce soffusa della notte, lasciate sulla breve scalinata. Le lanterne al lato. Il secondo è il nostro pasto serale. Soba e tempura, come vuole la tradizione. Il terzo il tempio e le decine di persone in attesa per esprimere la propria preghiera.

Un vero viaggio di scoperta è…

Un vero viaggio di scoperta non è cercare nuove terre, ma avere nuovi occhi.” (Marcel Proust)

Ho ritrovato per caso questa frase annotata sul segnalibro di un libro letto quando ancora abitavo a Roma e in un tempo in cui del Giappone non avrei saputo dire nulla.
Rileggo questo aforisma e mi chiedo, a distanza di così tanti anni, cosa faccia degli occhi, “nuovi occhi”?

E credo che quel “quid” sia la conoscenza, la curiosità, la mancanza di pregiudizi.
Occhi pronti a guardare senza giudicare. A cercare di capire. Magari a non capire. Ma, continuando, sempre e comunque, a non giudicare.

Un tempo i libri che si potevano leggere erano pochi. E li si rileggeva fino ad impararli a memoria. Poi sono divenuti tanti e l’abbondanza ha diversificato la lettura (lettura “intensiva” ed “estensiva” secondo la definizione di Rolf Engelsing). Eppure la ricerca interiore, l’approfondimento di sè attraverso le pagine dei testi – pochissimi o moltissimi che fossero – era in entrambi i casi assai potente.

E così, allo stesso modo, sono certa che l’aforisma di Proust contenga in sè anche questo concetto. Che non sia necessario viaggiare in tutto il mondo per crescere, per meravigliarsi ma che basti mutare il nostro sguardo, affinare la vista ed aprirsi alla meraviglia insita nel quotidiano.

Ho scoperto relativamente di recente una trasmissione radiofonica di RAI RADIO TRE intitolata “Ad alta voce“, all’interno della quale vengono letti splendidi testi di letteratura italiana ed europea. Me li gusto in bicicletta, pedalando verso il lavoro, verso la stazione, oppure camminando per le strade gelide di Tokyo, tutta avvolta nelle mie due sciarpe. Li ascolto anche a casa, mentre lavo i piatti, pulisco, sistemo, o anche quando porto a spasso la Gigia.

Un piacere di bambina, quando mia madre mi leggeva i libri. Quando ho poi iniziato a prenderli in mano io e, infine, mi sono persa al loro interno.

Leggere, apprendere è parte di quel viaggio di scoperta. E, per i tanti ragazzi e ragazze di cui leggo forte il desiderio di vivere un giorno in Giappone, il mio consiglio è proprio questo. Quello di guardare la propria realtà con entusiasmo. Di non disprezzare nulla dell’Italia. Di non leggere solo libri sul Giappone, ma di affinare la propria sensibilità con tutto ciò che li circonda. Di non rimanere fermi su una sola cosa, ma di diversificare il proprio sguardo.

Leggere, ascoltare, cercare,imparare. Ed avere nuovi occhi.

P.S. In fotografia una strada piena di bandiere giapponesi. E’ il Capodanno che si avvicina. Il quartiere di Idabashi. Un momiji che ricorda l’autunno che è appena passato. Una madre e il suo bambino sul ponte di Idabashi e al di là la lunga salita di Kagurazaka

Di sfuggita dalla Yamanote in corsa

Il 24 dicembre. Vicino a Takadanobaba. Un paesaggio che durante la settimana mi è spesso capitato di vedere di sfuggita dal treno mentre passavo da una stazione all’altra. Dal lavoro al riposo. O dal lavoro a dell’altro lavoro.
Dal finestrino ogni volta mi dicevo quanto mi sarebbe piaciuto scattare una foto a quel paesaggio “fluviale” di acqua, ponti e alberi a picco. Il fiume Kanda. E quel blu che luccicava un istante prima che il treno – la linea Yamanote – portasse oltre il mio sguardo.

Poi il 24 dicembre, sempre dal treno in corsa, l’ho mostrato a Ryosuke che era venuto a prendermi al lavoro. Un secondo ed il paesaggio è sfuggito via, come al solito.

“Quanto mi piacerebbe vederlo da vicino.”
“E allora perche’ non scendiamo?” mi ha detto.
“Certo! Scendiamo!” ho risposto.

Ed è così che ho esaudito un piccolo desiderio che nutrivo da tempo. E non vi sarà più rimpianto nel guardare quel paesaggio dal treno uscendo dal lavoro.

Rompere le abitudini fa infinitamente bene ai ricordi.