“Zattera di fiori”

Esiste in giapponese una parola che descrive ciò che in questi giorni accade al ruscello sul Viale del Filosofo a Kyōto, e ad altri corsi d’acqua che scorrono sotto le chiome precipitate dei ciliegi, come a Hirosaki.
【花筏】hana-ikada ovvero “zattera di fiori”.
Appaiono così, completamente ricoperti di petali di ciliegio. I sakura che formano una zattera rosa.
💮
Serve avere più parole per dire le cose più belle. Si possono approssimare, considerato che la lingua – ogni lingua – è una approssimazione. Si possono inventare, in una sorta di gioco familiare. Oppure, come in questo caso, si possono prendere in prestito da altre lingue.
Mi capita di dirlo spesso anche ai miei studenti giapponesi: appropriatevi delle parole, quelle che raccontano paesaggi che vorreste vedere, sentimenti che vi piacerebbe provare ♥️
📷 Gli scatti provengono dagli account rispettivamente di @hakuchuu18826 @finfin38

Dita nelle tasche

Aspettando l’autobus al tramonto, rami di ciliegio come tetto. Ecco cosa fa il sole che scende al paesaggio. Innamorata come ogni primavera ed estate e autunno e inverno di questo pezzo di mondo.
Mi rassicura sapere che sarà sempre bellissimo nonostante ogni nostro sforzo opposto. E mi incanta l’idea che io, proprio io che mi annoio di tutto, non mi stanchi di amarlo.
Mi sveglio e desidero rendere a mio modo migliore questo mondo. Lo ripeto: la mia resistenza si basa precisamente su questo. Far notare quanto sia importante difendere il dettaglio, il giorno e la notte, il ramo di ciliegio, il mio bambino (che è la replica di ogni altro bambino) che raccoglie sassi e rametti e me li porta come fossero tutto il paesaggio e l’amore che prova, senza dargli un nome, per la sua infanzia – quella che neppure si accorge di star vivendo e che nascerà nella sua mente solo quando starà finendo.
Oggi ho infilato le dita in tutte le tasche delle mie giacche e cappotti e le ho trovate piene di sassolini, foglie polverizzate, rametti, conchiglie, fazzoletti, elastici che i bambini raccolgono per me, perché sanno mi ci lego i capelli. Mi sono parsi il bottino più bello del mondo. Li ho rimessi al loro posto. Con quei tesori in tasca mi sento più forte.
Diventare madri è un processo talmente lungo, a me sta accadendo adesso, con ritardo, ma con tale intensità. Sto diventando madre, solo ora me ne accorgo.

Apprendere una lingua è una festa

Dopo due anni spaziare per un’aula universitaria, prendere possesso di una lavagna, sentir suonare la campanella, guardare un sakura sfiorire nella luce oltre la vetrata mentre spiego ai ragazzi come apprendere una lingua debba essere innanzitutto una festa, pura fiducia nell’errore che costruisce pezzo pezzo l’esperienza.
Tra i corridoi giovani donne e uomini in mascherina, che ridono alla stessa maniera, commentano la lezione appena finita.
E Keita è diventato Fabio, Kaede si è tramutata in Maria. Ad ognuno ho affidato un nome italiano, insieme all’alfabeto. Esco dall’aula, mi riverso con loro nel sole di questo giorno che rende bellissima Tōkyō.
Con un pizzico di vanità passo a provare un abito a Yokohama. Ha un fiocco stretto alla vita ed è gofun-iro 胡粉色, quella varietà di bianco fatta di polvere di valve d’ostrica. Lo specchio mi restituisce una me che in due anni è profondamente cambiata.
Me lo riesco a spiegare solo dicendomi che in questo tempo ho come parcellizzato un colore. Come Mio che in un bianco ne vedeva cento, io adesso ho decine di emozioni in più per ogni sentimento: tristezza, amore, passione, rabbia, perdono, maternità, egoismo. Pare una casa dalle interminabili porte, il mostro Idra che più teste perde più ne guadagna.
Vivo adesso con una intensità che due anni fa mi era sconosciuta. E trovo bellissima la mia vita nonostante certi errori grandi che insisto a fare. In fondo è perché ho la certezza che sbagliando non si apprenda solo una lingua straniera ma anche la vita.

Nulla da aggiungere

Mica lo so se ho altro da aggiungere ♥️
E che inizio sia.
Domani, dopo due anni, anch’io torno all’università in presenza.
Forza! 頑張ろう!

Un bouquet di origami

Ricordate l’origami di Sōsuke, a forma di fiore, quello con il messaggio che si rende visibile solo aprendo uno a uno i petali?
Ecco a cosa serviva~♥️.
Al bouquet dei piccoli per la maestra d’asilo, da consegnarle l’ultimo giorno di scuola. Ogni fiore è stato fatto a mano con la carta di origami da un bimbo e poi scritto dentro con il supporto di un genitore. Infine è stato attaccato a formare un grande bouquet.
È questa delicatezza, questo garbo …