Mottainai o del tempo perso
Ci si sente vecchi già a vent’anni e poi a trenta, ci si sente sorpassati a quaranta e poi a cinquanta. Questa apprensione non si spegne neppure a sessanta, quando ci si aspetta che l’età ormai abbia insegnato quanto inutile sia ostacolarsi, privarsi della gioia di tentare.
Più si va avanti più il coraggio viene meno, come se il passato fosse sempre più importante del presente e pesasse, tale e quale a una zavorra. Ci si aspetta costantemente di essere in linea con i tempi altrui, quelli “giusti”, quelli standard, senza avvedersi dell’errore.
Me lo sussurro piano, aprendo la serranda la mattina, mentre bollisco l’acqua per il caffè di Ryosuke o alzo il viso dal lavandino, guardandomi allo specchio.
Penso alla mia vita fino a qui e mi accorgo d’essere stata rapidissima per certe cose, lenta e ancora in cammino per altre. Rinsavisco solo dicendomi che non esiste un tempo giusto per qualcosa e che, per quanto a parole si conceda al singolo la specificità – la libertà d’essere se stesso – a conti fatti siamo i primi a vederci costretti in una griglia, a rispondere ad una media. Si può arrivare al traguardo anche “in ritardo”, col fiatone o pelo pelo, ma lo si farà con un bagaglio di esperienze tali da accelerare processi che prima non sarebbero stati neppure concepibili.
Tempo fa, alla tv, vidi una pubblicità progresso tutta elaborata in animazione, e realizzata in collaborazione con la NHK, la televisione pubblica giapponese. Si succedevano sullo schermo giovani uomini e donne, sullo sfondo di scene quotidiane, stanchi e scoraggiati in mezzo alla folla ondeggiante di un treno o a terra in una posa sconfitta, nella pausa dal lavoro in un kombini, ragazzi colti nel momento prima di cadere, di precipitare nel lunghissimo istante in cui si decide di mollare.
Poi sopraggiungeva un accenno di coraggio, una voce infinitamente comprensiva che incitava a non darsi per vinti. Che non era troppo tardi. Ed ecco il sollievo gonfiarsi in cavalloni e diventare spinta al cambiamento, l’espressione MOTTAINAI a decriptare il senso di una giornata.
Ne accennavo brevemente la volta scorsa, delle tante sfumature di「もったいない」 /mottainai/.
Natsume Sōseki in Guanciale d’erba, lo pronunciò rivolgendosi al monaco che, tenendo chiusi gli shōji, copriva la vista di uno splendido paesaggio.
「これはいい景色。和尚さん、障子をしめているのはもったいないじゃありませんか」
“Che incantevole panorama, Maestro. Non era un peccato starsene con gli shōji chiusi?” (trad. Antonietta Pastore)
Con il tempo il non essere all’altezza del valore di qualcosa, si è evoluto in un nuovo /mottainai/. È il “non usare a sufficienza”, non mangiare tutto e gettar via ciò che rimane, sprecare denaro per qualcosa.
「こんなお皿にお金を使うのはもったいない」 “è uno spreco comprare (usare denaro) per un simile piatto”
È quando qualcosa che si può ancora usare viene gettato anzitempo, quando non si adopera al meglio qualcos’altro, che sia un oggetto materiale come il denaro o una cosa astratta come il tempo. Mi sembra anzi che questa espressione breve ed incisiva restituisca fisicità a ciò che corpo non possiede.
Nel 2005, alle Nazioni Unite, l’ambientalista kenyana Wangari Maathai lodò così entusiasticamente il giapponese “mottainai” tanto da farne uno slogan e da farlo diventare conosciuto internazionalmente.
Il significato dei tanti che però prediligo è proprio quello dello spot: “Che spreco darsi per vinti!”.
Sembra nesssuno più si accorga oggi che riuscire al primo tentativo è una rarità. Più frequente è invece giungere al successo, di qualunque successo poi si tratti, lentamente, attraversando fasi invisibili e per gradi.
Mi sento immobile talvolta, come se tutti gli sforzi di una settimana o di un mese non mi avessero portato null’altro che stanchezza, come se l’obiettivo rimanesse alla medesima distanza. Eppure, nonostante quelle lunghe zone d’ombra, eccomi arrivare all’ultimo capitolo del romanzo, all’articolo pronto per la pubblicazione. I risultati arrivano di botto, come fuochi d’artificio.
Lo dimentico ogni volta e ogni volta me lo ripeto, che per arrivare al dieci serve l’uno e il due, il tre ed anche il quattro. Può capitare di saltare un cinque o forse un sei, ma allora il sette sarà più faticoso, servirà più tempo per raggiungerlo. E ancora più tempo per convincersi d’averlo.
La gradualità rassicura, ma non è semplice sopportarne la lentezza. Eppure serve e non la si può evitare.
L’importante è non fissarsi sull’età, sui tempi, su quello che fanno gli altri intorno a sè, su come si “dovrebbe essere” e non si è ancora.
E se lo si fa, sbagliando, è bene ricordarsi quella frase breve ed incisiva: “Mottainai”.
Queste parole mi danno tanto coraggio, mi hanno colpita proprio perchè descrivono il mio pensiero, il mio stato d’animo. Da adesso in poi allora, imparerò a dirmi “Mottainai”. Grazie Laura❤
Brava Alessandra, usa questa espressione ogni volta che ti serve!
Avevo proprio bisogno di un post così, grazie di cuore! Mio fratello ha iniziato un percorso di guarigione che lo terrà lontano da noi per quattro lunghi anni (se tutto va bene…) e ora che lo so, quando mi prenderà lo sconforto e la tristezza, mi ripeterò “mottainai” come un mantra, per non darmi per vinta, soprattutto per lui! Grazie!
Il coraggio è sempre ripagato dalla vita. A tuo fratello auguro una completa guarigione e di affrontare questi anni nel modo migliore. Tu invece, anche solo in questo tuo intento dichiarato, nel desiderio di riuscire, sei già a metà strada. Brava!!!
Grazie per questo bellissimo pensiero… oggi più che mai avevo bisogno di leggerlo.
Grazie anche per il tuo blog, ricco di spunti, piccole saggezze, grandi approfondimenti.
Attraverso i tuoi occhi il mio amore per il Giappone cresce sempre di un grado in più.
Grazie grazie grazie!
Amo condividere il meglio che mi offre la mia quotidianità e devo ammettere che il Giappone dona infiniti spunti. Il grazie va anche a voi che mi leggete e mi lasciate questi bellissimi commenti. ❤
Mottainai…Grazie Laura, userò anche io questa espressione, che rappresenta davvero ciò che mi passa nel cuore…
Dopo tanti anni in cui ho vissuto lottando per quel che avevo davanti, certamente dolce, tenero e guadagnato, per caso mi sono accorta di aver però dimenticato i miei sogni…
Ora, alla soglia dei 40 anni, con una posizione solida, una famiglia, sto cercando di riempire quegli spazi che ancora sento vuoti, e che ancora non si sono opacizzati, riprendendomi quell’individualità che sento di aver trascurato in questi 20 anni.
Mottainai allora, e bando alla malinconia! 🙂
Hai fondamenta solidissime da quanto leggo. Il terreno migliore per far crescere piante e fiori e… una foresta intera. 🙂
Anche per me questo post capita al momento giusto. Anche per me adesso è il momento di stamparmi sul cuore e nella mente più di un “mottainai” che mi aiutino a non arrendermi, a vederci chiaro e non sprecare ciò che mi viene concesso <3 Grazie come sempre per le parole piene di forza e le foto piene di memorie
Cara Susanna, temo sia sempre il momento giusto per questo post. Siamo tutti così abituati a maltrattarci, a paragonarci con gli altri che sprechiamo almeno un terzo delle energie disponibili alla ricerca dei nostri difetti. E’ uno sprone anche per me questa espressione. Troppo spesso cado anch’io nella trappola. Un abbraccio, L.
‘a paragonarci con gli altri che sprechiamo almeno un terzo delle energie disponibili’
Ecco, questa frase la stamperei a caratteri cubitali e la farei leggere a chi dico io…
Solo xchè si è ‘diversi dagli altri’, dal comune pensare, ti fanno sentire inadeguato… E’ brutto aver fratelli molto + vecchi di te con cui non condividi nulla xchè la pensano diversamente da te 🙁 D’ora in poi MOTTAINAI sarà un pò il mio motto e grazie x questo post.
Cara Kizzy, usa a piacimento questa frase, in famiglia soprattutto.
Bisogna difendersi come si puo’ 😉
Diciamo che dovrei dirmi mottainai tutte le volte che passo davanti a qualcosa che fa riflettere la mia immagine.
Anche se mi scoraggio ugualmente perché è come se sentissi che il resto del mondo rema contro.
Dovrei accontentarmi di riuscire a fare cose che mi facciano stare bene, ma acchiappare sogni persi e volerli realizzare quando la vita ti conduce a fare altro, è dura.
Basta non fissarsi e lasciar passare e capire che ciò che è andato non torna, per cui bisogna lavorare per avvicinare il desiderio al presente.
Ce lo diciamo sempre io e te…
Un post che mi capita ad hoc. Grazie <3
Un abbraccio!
Ciao Laura,
posso darti del tu? … Ho scoperto solo di recente la tua pagina FB e di conseguenza il tuo blog. Non sono un’autentica amante del Giappone ovvero non conosco il giapponese, la sua cultura. Ma ho diversi motivi per apprezzarlo; motivi che mi spingono a conoscere e approfondire questo mondo occidentale, ma tanto diverso “nell’anima”. Sono una tea lover e una mia carissima amica si è trasferita a Tokyo. E ultimamente sembra che tutti partano alla scoperta di questa terra affascinante quanto misteriosa. Nella mia sete di conoscenza e le giornate tormentate qui trovo ristoro per la mia mente. Una fonte inesauribile di spunti per riflettere e conoscere. Quindi complimenti davvero per questo spazio di notevole bellezza. Congratulazioni per il tuo percorso formativo. Devi essere proprio una ragazza in gambissima. E da persone come te c’è solo da attingere per migliorarsi. Brava brava barava! In bocca al lupo per tutto. PS. Io oggi mi sa che vado in libreria: il tuo libro mi ispira molto.
Splendido questo tuo posto. Riscalda come un buon tè bevuto nella pioggia. Grazie, Laura. Un caro saluto. Clara
Splendido questo tuo post(o). Riscalda come un buon tè bevuto nella pioggia. Grazie, Laura. Un caro saluto. Clara
Ho trovato questo luogo accidentalmente: ho letto alcuni articoli e questo in particolare lo trovo bellissimo, forse per il periodo che sto passando.
Leggerò a fondo ciò che scrive.
Grazie!
Grazie Daniele, e’ una gioia ricevere commenti “di scoperta”. Mi sembra un magnifico accidente. 🙂
Sono un pochino in ritardo ma sembra che questo capitolo sia caduto a fagiuolo.
Mi ero posta aspettative per gli esami e avevo chiesto molto da me stessa, ma sono rimasta delusa. Volevo dare il meglio nel mio esame di letteratura giapponese ma i risultati sono più bassi del previsto.
Ma ora, leggendo questo articolo, affronterò l’esame di giapponese con un briciolo di speranza in più.
Grazie Laura, mi serviva proprio 🙂
Cel’abbiamo anche in italiano (in romano a dire il vero): “maddeché.” ^________________^ È un’espressione che amo moltissimo e pensare che abbia il suo corrispondente “nihongo” mi rende davvero molto felice. Arigatoo!!! ^o^
Ciao Laura volevo chiederti se potevi darmi la traduzione in kanji di “amore fraterno “, io e i miei fratelli vogliamo fare questo tatuaggio ma solo tu puoi darmi i segni esatti, se non ti crea troppo disturbo, ti seguo sempre e ti ammiro molto.
Perdona la lunga attesa. Ho cercato un pochino. L’unica che si avvicina, termine pero’ non quotidiano ma talvolta sfruttato nelle news e’ 「兄弟愛」tra fratelli maschi 「姉妹愛」 tra sorelle.
Se tu sei la sorella maggiore 姉弟愛 o minore 妹兄愛. Mi sembra un po’ complesso …
Per caso mi sono imbattuta in questo sito. Volevo farti i complimenti. Scrivi benissimo, esprimi concetti profondi in una maniera incantevole. Le tue parole in questo momento mi hanno fatto davvero bene, ti ringrazio di cuore 🙂
FrancescaSP
Cara Laura volevo ringrazirti per tutti questi spunti, pensieri e riflessioni che ci regali con infinita disponibilità e saggezza; nello schiudere anche a noi i segreti discreti e talvolta celati di un popolo la cui saggezza è sempre fonte di stupore e perchè no, sollievo dalle angosce quotidiane. Stasera mi hai regalato un sorriso ed un momento di serenità con questa riflessione che dona dignità e valore anche a quegli aspetti e quei momenti della nostra vita a cui troppo spesso questi riconoscimenti vengono negati. Scrivo di getto (come spesso mi accade), sono un pò stanca ed è un pò tardi ma non importa. l’importante è che giunga il messaggio. Grazie ancora 😉
Incontro per caso questo termine, e questa pagina. Mi chiamo Giampaolo, mi piacerebbe poterti scrivere._______ la mia mail. Un saluto,
G.
Grazie del commento. Scambi personali di email tuttavia non ne posso fare. Mi manca spesso il tempo anche per gli amici più cari. Spero capirai, scusami.
Capito. Grazie a te. Un saluto dal sud