Misurando, ponderando
Tokyo non brilla.
Il black out auto-imposto è un altro indizio. Ieri ho visto per la prima volta Shibuya “spenta”. I maxi schermi non erano funzionanti e i negozi avevano eliminato le insegne innecessarie. I grandi magazzini sono rimasti chiusi per evitare il consumo eccessivo dell’elettricità e intere zone di Tokyo e limitrofe, secondo un calendario aggiornato d’ora in ora, subiscono un’interruzione energetica. I genitori di Ryosuke hanno vissuto la serata a lume di candela.
Non sono riuscita a rimanere troppo a lungo sola a casa. Le notizie in tv sussurrano un dolore insopportabile benchè assolutamente misurato delle popolazioni colpite dallo tsunami. Anzi, proprio perchè controllato fa più male.
Pian piano emergono storie personali: un collega di Ryosuke originario di una delle cittadine totalmente spazzate via dallo tsunami, la macchina targata Sendai che continua a portare oggetti e persone nell’appartamentino al primo piano del nostro palazzo e che ha l’aria di un trasloco senza cose, arrangiato e ultimato in fretta e furia, anziani che indicano appartamenti di gente che ha perso qualcuno nel disastro, passaggio di notizie nella metro.
Tokyo ha gli occhi tristi. Ma non piange.
Io probabilmente avrei vissuto un forte senso di nullità.