L’ora-portale
Alle 11:11:11 si apre un portale. Alle 4.44.44 della mattina qualcosa si muove.
La mente si sveglia.
C’è in ogni ora un’ora segreta. Anzi, un secondo. Un punto precisissimo di consapevolezza. Lì dove la luce cade diritta e non sbaglia. È il puntino rosso del cecchino che mira, con quella luce che vede solo lui e pure tu, che sei davanti allo schermo al cinema e stai col fiato sospeso per una cosa che, davvero, neppure c’è. Eppure, dalla tua poltrona, immagini tutto il resto della vita che non va sotto il bisturi del chirurgo, che non viene ripresa, e che invece accade davvero. Qualcuno, nel mondo, in questo momento spara. Qualcuno cade ammazzato.
Ma lì, nella circonferenza imperfetta di quel puntino di luce ecco che l’ora si apre. 22.22.22. 13.13.13. Si sventra solo per te. No, solo per me.
Lì dove l’ora è uguale. Cinque cinque cinque. Tre tre tre tre tre tre.
Forse è l’attesa che mi tranquillizza, l’idea che io sia consapevole del tempo che passa. Almeno in quella minuscola finestra. E che poi, così come sono rimasta concentratissima nell’avvertirne l’istante di sosta, io lo lasci andar via.