La cerimonia di rimozione dell’anima
Si tiene ogni anno a Nara una cerimonia speciale.
Si chiama daibutsu-sama o-mi nugui 「大仏さまお身拭い」 ovvero “la pulitura del corpo del Grande Buddha” ed è uno dei rituali estivi che si tengono al tempio di Tōdai-ji 東大寺.
La polvere accumulatasi in un anno, in un giorno la si rimuove.
La mattina del 7 di agosto (dalle 7 alle 9.30) 120~180 persone, tra monaci e addetti, sono impegnate nell’operazione.
Indossano casacche chiamate shiroshōzoku 白装束 (abiti completamente bianchi, usati fin dal periodo Heian, vestiti per officiare riti religiosi o in caso di disgrazia), un asciugamano stretto sul capo, zōri di paglia (わら草履) e hanno mascherine premute sul volto.
È un piccolo esercito di piumini impegolati in un frullare garbato e perseverante. E il Buddha, placido e assorto, è circondato da un pulviscolo intenso, che fa della luce e dell’aria, un mare in movimento.
Dove non arriva la mano o l’arrampicata si fa tortuosa, dall’alto vengono calate gondole, simili a quelle che usano i lavavetri che certe mattine vedo lustrare in discesa i grattacieli di Shinjuku o Shinagawa.
Il gioco di proporzioni tra il Buddha e gli spazzini è spettacolare. Gulliver che si lascia tergere il corpo dai Lillipuziani.
«Eppure il Buddha non c’è.»
«Come non c’è?»
«No, il Buddha non c’è.»
È qui che si sprigiona, più grande, la meraviglia.
Perché prima di procedere alle grandi pulizie, l’anima del Buddha viene rimossa.
È una cerimonia in due fasi: hakken-sahō 撥遣作法 (quando cioè l’anima viene sfilata dal corpo fisico della statua) e kaigen-sahō 開眼作法 (quando viene reinstallata, come l’inquilino di una casa).
Pare sia un procedimento applicato non solo quando si svolgono grandi pulizie annuali, ma anche quando una statua di alto valore spirituale deve traslocare, in occasione ad esempio di una mostra.
Sarà solo dopo, quando tornerà linda, quando le mani si saranno scostate dal corpo della statua, o quando troverà più stabile collocazione, che verrà insediata di nuovo.
Ecco l’anima che si leva e si mette. Per non disturbarla, per non intaccarne la purezza. E, d’altra parte, anche per poter lavorare senza timore di offendere il dio.
Credere, come sempre, fa la differenza. È sentimento d’amore e di cura.
In una cultura in cui la pulizia ha un doppio volto – esteriore e interiore – non stupisce che ci si impegni a tenere linde le strade in prossimità della propria casa, a raccogliere la spazzatura da terra anche se non si è responsabili direttamente. A lasciare un bagno pulito per chi seguirà.
E poi gli oggetti in Giappone posseggono un’anima, come insegna la credenza dello tsukumogami 付喪神.
Siamo noi, che gliene cediamo un pezzetto della nostra.
La prima fotografia è tratta da qui, le altre come da firma digitale apposta.
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