Dita nelle tasche
Aspettando l’autobus al tramonto, rami di ciliegio come tetto. Ecco cosa fa il sole che scende al paesaggio. Innamorata come ogni primavera ed estate e autunno e inverno di questo pezzo di mondo.
Mi rassicura sapere che sarà sempre bellissimo nonostante ogni nostro sforzo opposto. E mi incanta l’idea che io, proprio io che mi annoio di tutto, non mi stanchi di amarlo.
Mi sveglio e desidero rendere a mio modo migliore questo mondo. Lo ripeto: la mia resistenza si basa precisamente su questo. Far notare quanto sia importante difendere il dettaglio, il giorno e la notte, il ramo di ciliegio, il mio bambino (che è la replica di ogni altro bambino) che raccoglie sassi e rametti e me li porta come fossero tutto il paesaggio e l’amore che prova, senza dargli un nome, per la sua infanzia – quella che neppure si accorge di star vivendo e che nascerà nella sua mente solo quando starà finendo.
Oggi ho infilato le dita in tutte le tasche delle mie giacche e cappotti e le ho trovate piene di sassolini, foglie polverizzate, rametti, conchiglie, fazzoletti, elastici che i bambini raccolgono per me, perché sanno mi ci lego i capelli. Mi sono parsi il bottino più bello del mondo. Li ho rimessi al loro posto. Con quei tesori in tasca mi sento più forte.
Diventare madri è un processo talmente lungo, a me sta accadendo adesso, con ritardo, ma con tale intensità. Sto diventando madre, solo ora me ne accorgo.