#DiarioDalGiappone n. 7

La Pasqua non c’è in Giappone, non c’è mai stata.
Nel Sol Levante nessuno risorge in questo giorno d’aprile. Per chi crede probabilmente il rito di tutti ha poca rilevanza, è un rito interno, una festa del cuore.

Per me che non credo è tuttavia una giornata in cui tanti che amo hanno la festa nel cuore. Mi ricorda colombe, uova, pranzi in cui talvolta c’era gioia, talvolta la costrizione di condividersi insieme. Ma, tutto riassumendo, è ricordo. E ricordo, per me, significa amore, al di là del colore di quella memoria particolare.

In Giappone la Pasqua non c’è. Ci sono un mucchio d’altre feste che l’occidente non conosce, che neppure sospetta d’altronde.

E’ bello tuttavia sentire che negli amici in Italia, nelle persone care, ci sia come una consapevolezza del giorno, a fronte di un mucchio di date sempre uguali.

Io ho ricevuto una lettera di carta dall’Italia, da un amico importante. Ho ricevuto una lettera email da mio padre.
Mi è stata recapitata dal postino la corda per saltare. Avevo voglia di tornare bambina. Di cadere, di inciampare. Di capire un poco più i miei due piccolini che non fanno che volare a terra, poi rialzarsi, piangere un poco, riprendere subito a saltare, a cadere.

Ho chiesto a Ryosuke di prendermi in braccio, dallo scalino della doccia fino a terra. Per provare, in un modo diverso, come si fa a volare.

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