懐かしい o della nostalgia che ispira il Giappone
Fuori dal tempio, sulla bacheca, è scritto in corsivo così:
一人に hitori-ni
ひとつ hitotsu
あなたの anata no
いのち inochi
Per ogni persona
Una sola
La tua
Vita.
La brevità con cui si esprime la lingua giapponese spesso mi aiuta a svincolarmi dalla tovaglia di parole che stendo ogni giorno, su quanto mi circonda, su quanto è dentro di me. Il riflettere non ha mai interruzione, in qualunque testa di questa folla sgargiante che prende il largo dalla stazione di Shinjuku.
Scrivo di Tōkyō, e di me. Rastrello ricordi appiccicati alle varie zone di questa città.
Cerco di riavvicinarmi alle prime sensazioni provate al mio arrivo, a 15 anni fa. I passi esitanti ma spinti, come di spalle, dall’entusiasmo; il senso di scoperta ininterrotta, il turbamento, la vertigine di una lista che si allungava senza sosta, l’incomprensibile che permeava ogni gesto, ogni conversazione, anche la più breve.
Mi concentro su quella sensazione – anche a me incomprensibile – che è la nostalgia. L’ho inserita tra le voci di Wa, perché il termine natsukashii è centrale nella comprensione del pensiero giapponese. E tuttavia penso ora che sarebbe interessante immaginarlo applicato anche al turista che, recandosi in Giappone per la prima volta, si sente come “a casa”.
Ritrovo frequentemente questa frase su libri, articoli di giornale e, più semplicemente, nella forma di commenti estemporanei su una delle piattaforme sociali che raccolgono le persone che amano il Sol Levante e tutto quanto lo riguarda. Moltissime persone si esprimono così, dichiarando loro stesse stupore per quel senso di familiarità con luoghi che tuttavia non avevano mai visitato.
In parte sono gli anime e i manga, che riproducono molto più fedelmente di quanto ci si possa immaginare, la società e la geografia giapponese. Aleggia un senso continuo di dejà-vu ed esso riporta a un determinato periodo dell’adolescenza, quando il sogno era la parte più importante di tutto.
Benché io non abbia conosciuto anime e manga che da adulta, riesco chiaramente ad avvertire quella meraviglia che si deve provare quando si constata che un luogo che si credeva confinato alla fantasia, un posto “leggero leggero” cui si demanda il ruolo di disfarci della pesantezza della nostra vita quotidiana, esiste davvero.
«Non ci si crede. È impossibile, certo!»
Eppure c’è dell’altro in questo senso di nostalgia, in natsukashii, ed è quell’attitudine giapponese a lasciarsi dietro sempre un poco di passato, pur continuando ad avanzare a grandi falcate nel futuro. Sono i vicoletti di Tōkyō, certi scorci di città, è la cura antica dei rapporti, quella dolcezza intensa che sta sotto la normatività dei comportamenti tra sconosciuti, il particolare nel generale, l’istante in cui un volto neutro si accende per comunicare qualche cosa, i treni, le casette di legno, un poco fatiscenti, che restano strette tra due enormi palazzoni di cemento.
E poi certi sapori che sono salvaguardati come tesori. Un certo dashi, il brodo che decide la bontà essenziale di ogni pietanza. Oppure gli hato-sabure di Kamakura, ad esempio, quel biscottone a forma di colomba che sa proprio, solamente, di biscotto, come li si preparava una volta. Uova, zucchero e farina. E ancora i suoni, come uno dei 100 paesaggi sonori che il Giappone ha inserito in una lista, perché non vengano perduti.
Questa è forse una delle tante origini della magia del venire in contatto col Giappone. Questo senso di nostalgia per qualcosa di cui non si è tuttavia avuta esperienza diretta nel passato. Perché, nonostante gli inciampi e le imperfezioni, è un mondo che funziona. Non senza fatica, certo, ma funziona. E lo fa con gran garbo.
Magia
Leggendo questa voce, mi è venuta in mente una frase da “Seta” di Baricco:
“È uno strano dolore. Morire di nostalgia per qualcosa che non vivrai mai”.
E ora ho la parola unica per dirlo <3
Bellissimo post che esprime in pieno le sensazioni che provo ogni volta che metto piede in Giappone e a Tokyo. L’idea di essere tornata a casa. Non ci si crede, no se ne capisce il motivo ma è così. E strazia il cuore dover ripartire… E si guardano le foto, si cerca di riprodurre i sapori, si indaga dove trovare un angolo che ci riporti lì. Ho il tuo libro sul Kindle e aspetto la pausa giusta per iniziare a leggerlo, perché me lo voglio gustare appieno. Grazie Laura.
Bellissima parola, che io ho provato soprattutto nel Sud est asiatico, e in alcuni quartieri della mia vecchia Bombay. Grazie Laura per essere tornata a scrivere sul blog, che resta il mio spazio preferito. E grazie per la tua generosità di scrittrice, di viaggiatrice, ma soprattutto di persona.
Non so dove sia finito il commento precedente. Riassumo. Questa nostalgia densa e profonda l’ho vissuta nel sud est asiatico (in Giappone non ci sono ancora stata) e in alcuni quartieri della mia vecchia Bombay. Grazie Laura per essere tornata a scrivere sul blog, che è la mia piattaforma preferita. E ti ringrazio per la generosità delle tue parole, non soltanto come scrittrice, viaggiatrice, esploratrice d’anime e città, ma soprattutto di persona sensibile.
Un caro abbraccio
Clara