Resistenza al nuovo
La gioia di scoprire che la editor della versione giapponese di “Quel che affidiamo al vento” ha studiato in una delle università in cui insegno e l’avere una cornice comune di luoghi – seppur remoti nel tempo e ahimè (vista la situazione attuale) nello spazio – mi rende tutto più vicino, più emotivamente accessibile.
Sviluppo con il tempo una resistenza al nuovo, come se il quotidiano fosse già così perennemente in mutamento, da faticare a costringermi ad altro. Forse due bimbi piccoli piccoli in casa, forse la liquidità del mio doppio mestiere, ma inizio a credere che il nuovo debba aggredirci, farsi forza della sua ragione e venirci addosso nonostante le nostre proteste.
Che a fronte di esistenze – ognuna per le sue ragioni intrinseche – “faticose”, sia questo l’unico modo di accoglierlo. Subirlo inizialmente, e poi apprezzarlo.