Allenare la paura
È un mondo piccino.
Un aereo, ali che non sbattono ma restano spiegate tutto il tempo ed ecco che il mondo ti appartiene. Si scivola nelle sue pieghe, in quelle fessure del cielo che si tramutano in strade, strisce bianche sulla calotta del nostro minuscolo, impercettibile universo.
Ti svegli la mattina, distribuisci baci parimenti e basta qualche treno, un aeroporto, e dopo una dozzina d’ore eccoti nel bel mezzo di Londra.
Ed eccola Londra, che ti immaginavi immensa, ricordavi solo a pezzi e invece è piccola così, traboccante di italiani. E sembra quasi non ci sia un inglese ufficiale per quante diverse intonazioni incontri per la strada, negli ufffici, nei ristoranti, all’università.
Tutte le razze del mondo sfilano fuori dalla finestra e ti viene gioia, gioia pura per essere tuo malgrado parte di questa mescolanza. Le città sono fatte dalla gente, sono le persone che ne determinano l’umore. Così è Roma, così Tokyo, così Londra.
Passeggi una decina di chilometri al giorno, anche per smaltire porzioni cui non sei più abituata. Il Giappone rimpicciolisce e alleggerisce le pietanze ed è qualcosa che, se una volta ti lasciava un po’ scontenta, adesso fa proprio al caso tuo, che ami lasciar spazio a più cose da assaggiare piuttosto che a lasciarti soddisfare solo da una.
Magnifica conferenza collettiva alla SOAS che racconta di Corea, Giappone e Cina e tu sei lì per parlar di Ogawa Yōko e di Anne Frank, presentando un altro pezzo della tesi di dottorato che consegnerai questo novembre.
Saltar di palo in frasca da un’auletta a un’altra per andare ad ascoltare chi ne sa sempre più di te, ed in ognuna immergersi in musica, in storia, in cinematografia o sociologia. Cerchi fino all’ultimo di perfezionare anche la pronuncia perchè ci tieni, semplicemente perchè ci tieni tanto. I suoni sono belli proprio perchè sono diversi, così come lo è la gente, splendida nella sua imprevedibile singolarità.
Non hai alcuna paura di parlare nel tempo che ti è assegnato. Clicchi sulle slides, leggi, rispondi alle domande e ci provi piuttosto un gran gusto. Ti hanno allenata gli anni di insegnamento all’università, quando ti trovavi e ti trovi tuttora di fronte anche a decine, centinaia di ragazzi, ad allungare un passo sul palco e a trovarti sempre al centro, tuo malgrado.
Che bello sarebbe se anche nel resto della vita lasciassi andare l’apprensione, lo sgomento.
Chissà come si vivrebbe, mi dico, ad avere meno paura.
Del tempo soprattutto. Se ci si convincesse che non è la quantità ma la sua percezione a determinarne l’utilizzo e ad incrementarne la qualità. Se non si nutrisse timore di sorta, se non gli si desse da bere o da mangiare cosa accadrebbe?
Ma per quanto scriverlo risulti lineare credo sia un muscolo da utilizzare mille volte prima di riuscire a padroneggiarlo, se non proprio pienamente, almeno in modo sufficiente.
Guardo Sousuke, i due passi, a volte tre, talvolta quattro che fa prima di cadere. L’esperienza insegna a questo bimbo di poco più di un anno ad esser cauto, ma non tanto da lasciarlo immobile a guardare. Il mondo lui vuole afferrarlo e si rimette in piedi, e fa un altro passo.
Tutto il mondo gli appare degno di attenzione.
La paura non lo blocca. Proprio la mancanza di paura, semmai, lo mette in pericolo perchè è superata immensamente dalla gioia d’essere lì in quel momento a viversi la vita che neppure sa d’avere.
Mi domando allora se esista un anno, forse un grappolo di mesi nella crescita di un uomo o di una donna che trovi l’equilibrio tra l’avventatezza dell’infanzia e la prudenza della maturità. Mi rispondo che no, probabilmente non esiste. Che impariamo ad assorbire le cose nella precisa visione che assume agli occhi di chi per primo ce le porge e ce le insegna. È piuttosto un compito per casa, da portarsi dietro tutto l’anno, specialmente durante le vacanze, quando si ha un po’ più di tempo per pensare a cosa ci piacerebbe fare del nostro animo spesso sofferente, a cosa aiuterebbe il nostro umore traballante a decollare.
E allora provare a dire sì quando si vorrebbe dire no; per chi teme le bestiole, provare ad allungare una mano verso ogni cane che si incontri per la strada; per chi teme di volare, prenotare una trafila di viaggi che includano una o più ore da trascorrere in aereo; per chi teme il giudizio altrui, porvisi di fronte, fieri di starsi sperimentando, collaudando nel sentire.
Le prime volte si cadrà, si sbatterà anche la testa. Ma poi che gioia camminare! Che sensazione stupefacente correre persino!
A farselo amico il Tempo è sempre dalla nostra.