Girasoli nel bel mezzo di Tokyo, cicale e Ponyo alla tv
Girasoli, nel bel mezzo della capitale giapponese.
L’estate è tante cose in questo paese e Tokyo, benchè sia la metropoli più grande del mondo, conserva nella trama complessa delle sue strade aspetti che hanno più della campagna che della città.
E’ questo che, a mio parere, la rende tanto “vivibile”. Il fatto che non sia una ma tante.
E così, a poca distanza da Shibuya, tra le strade del particolarissimo quartiere di Daikanyama, spuntano girasoli ai lati delle strade e rovesciano la loro corolla sui volti dei passanti. Tutto ciò con un fitto sottofondo di cicale che bucano il terreno per venire fuori e, qui e là nei parchi e nelle aiuole, si notano i fori che custodivano le larve.
Di cicale se ne vedono già molte a terra, cibo di formiche, ali spesse e corpo fisso nel rigor mortis. Mi capita di raccoglierne sull’asfalto delle strade per posarle in un luogo più accogliente. Sotto l’ombra di un albero, ai piedi di un grasso girasole.
Ci credereste mai che Tokyo e’ anche questa?
E poi, in questo scatto del 16 agosto, giorno di un compleanno fuori programma, fortuna volle che entrasse pure una piccola ape in cerca di cibo.
Fuori dalla cornice della prima foto, a sinistra, passavano donne con i loro parasoli e, sulla destra in fondo, già si intravedeva la splendida custodia di libri che ci avrebbe ospitato nelle ore più calde del pomeriggio.
Questa sera danno Ponyo in televisione e, come mi capita spesso di pensare, vi sono infinite piccole ragioni per le quali amo vivere qui. Come i girasoli estivi per le strade di Tokyo, il canto delle cicale che anima l’intera capitale e i film di Miyazaki Hayao che vengono trasmessi alla tv in un caldo venerdì sera d’agosto.
Dei tanti "doni" concessi ai giapponesi, uno: il sonno.
“Dormi, dormi pure. Riposati. Nessuno ti rubera’ niente”
Di una pasticceria di verdure, dell’o-bon e di un giardino "segreto" nel centro di Tokyo
Di Tokyo e delle strade senza nome
Chika-chan – diciott’anni e una delle ragazze piu’ positive che io abbia mai incontrato – mi chiede sorpresa:
“Ma allora tutte le strade hanno un nome in Italia?”
“Sì, nomi di persone del passato, persone che hanno fatto la storia dell’Italia intera o di quella città, date importanti, nomi di città…”
Si guardano, lei e Saori-chan, e pronunciano gridolini di sorpresa tanto tipici di questa lingua che con la meraviglia punteggia il fraseggiare.
“Qui invece è diverso” mi dicono. E ricamano paragoni tra casa loro e quella altrui.
Tokyo non ha nomi per le strade e anche quando li ha questi non sempre vengono presi come punti di riferimento.
I luoghi intorno ai quali si fonda un quartiere, una città sono altri. Maggiormente legati alla vita della gente che li abita. Scuole, uffici postali, ristoranti, kombini etc. etc.
E’ gioiosa questa sua sorpresa. Mi ricorda la mia all’inverso, quando nel capacitarmi dell’assenza di nomi per le strade tokyote, ero certa di non trovarmi più.
E così, all’inizio, accadde più volte. E il mio primo mese di Giappone ha un certo vagare curvo in bicicletta, fotografie scattate in anonimi luoghi (e senza nome) che separavano casa dall’università, scatti che a riguardarli fungessero da sassolini e mi riportassero – Pollicina – sulla “retta” via.
Ma ricordo soprattutto l’enorme librone del quartiere sfoderato dal poliziotto del koban che mi chiede il nome della famiglia presso cui alloggio e poi, sfogliando carta come dita che girano la chiave in una serratura, punta il dito sulla casa, quella giusta. Che è il mio punto di partenza. E sara’ il mio punto di ritorno.
Eh sì, questo è tutto un altro mondo.