Di una domenica, di Miwa e di certi giapponesi
Domenica svelta. Nella sveglia. Nello svolgimento. E nella conclusione.
Con la mia amica Miwa appuntamento in bicicletta davanti alla stazione. Da ieri ha scoperto un posto dove affittarla a 200 yen per 24 ore e le sta tornando la voglia di girare il quartiere viaggiando sulle due ruote. Più economico, salutare e a contatto con il tempo. Quello che svela il cambiamento stagionale. Le stradine che si possono percorrere solo a due. Piedi. O ruote.
Stamattina un gruppo notevole di persone, fascia sul petto e pinzettone alla mano, è andato alla ricerca di cicche e immondizia per le strade del quartiere. Gruppetti di volontari (tante le famiglie con bimbetti) che hanno raccolto ogni residuo di inciviltà – o sfortunata casualità (a chi non è mai caduto uno scontrino dalla tasca?).
Una mattina piena del pane appena sfornato, delle nostre chiacchiere, dei paesaggi urbani che ci siamo svelate l’un l’altra e dello studio. Critica letteraria e letteratura giapponese io, coreano lei. Sussurra la pronuncia delle parole, delle sillabe di questa lingua grammaticalmente tanto vicina al giapponese quanto lontana da un punto di vista fonetico.
Muove la bocca, lavora di pronuncia anche in treno, pur senza emettere suoni.
“Fai paura”「こわいよ!」, le ha detto un’amica. Di quelle giapponesi che si impressionano con nulla.
Ci sono anche loro. Ma basta rimanere “centrati” su se stessi. Che a dar retta alle opinioni discordanti della gente si finisce matti.