I racconti del kotatsu  『炬燵物語』 *

La mia stanza preferita è quella del tatami. Il kotatsu sulla destra, la specchiera sulla sinistra, legno lungo le pareti e, in una cavità del muro l’altare degli antenati di famiglia. Davanti ad esso sono poggiati grandi zabuton su cui inginocchiarsi. E pregare. Gli shogi (le porte scorrevoli di carta) si aprono sull’ampia porta-finestra che dà sul giardino.

La Gigia osserva i gatti passare, non si arrende al loro sfidarla e Ryosuke non si arrende al cercare d’educarla: “Gigia non si abbaia! No! No!”. Poi l’abbraccia e io capisco quanto la severità spesso costi più a chi la esercita che a chi la riceve.

Le gambe a mollo sotto al tavolino riscaldato, le coperte tutte intorno e il profumo di yakisoba che incontro in corridoio. Ci siamo svegliati tardi. Qui a Fujisawa è sempre così. E’ casa di Ryosuke ma è anche casa mia. Come fosse la succursale di quella a Roma, dove mio padre mi prepara i carciofi alla romana e mia madre le fettuccine al pomodoro.
La televisione resta accesa nel salone, dove ci spostiamo per mangiare. Noi colazione e pranzo insieme, i suoi solo il pranzo. Giustamente.

Scopriamo così che due persone, a nove giorni dalla tragedia, si sono salvate. Un ragazzo di sedici anni e una anziana di ottanta. I dettagli fanno male ma è perchè so di star assistendo alle riprese dei veri protagonisti della tragedia giapponese, non quella che non è avvenuta (ovvero l’apocalisse nucleare) bensì quella che c’è stata. Lo tsunami, l’onda di 13 metri (così precisa la NHK) che ha spazzato via intere cittadine. I servizi si rincorrono.
Si parla di una voce di donna all’altoparlante proveniente dall’ufficio per la prevenzione dei disastri del comune che, prima dell’arrivo dell’onda,avvertiva ferma e costante: “Sta arrivando uno tsunami di enormi dimensioni. Scappate velocemente”.
Finchè l’onda non è giunta, la comunicazione si è interrotta e l’acqua si è inghiottita quella voce. Del palazzo da cui trasmetteva quella giovane ragazza di ventiquattro anni è rimasto solo lo scheletro arancione. Testimoni scampati al pericolo grazie al suo sacrificio, la ricordano commossi.

E ci si rende conto che ci sono cose che l’uomo non può nè prevenire, nè lontanamente prevedere.
Nove. Tredici. Numeri alla mano.

La televisione viene spenta. La Gigia zampetta per le stanze alla ricerca di coccole e di sonno. Mia suocera mi mostra una foto stupenda che le ha scattato giorni fa, da quando la nostra cagnolina ha preso la pessima abitudine di saltare sulla porta. Mi confessa che l’ha vista tanto spaventata il giorno del terremoto, quando era con due amiche a casa e tutte e tre, insieme a lei che abbaiava forte, si sono rifugiate sotto al tavolo. Mi racconta anche che a volte la Gigia abbaia prima che inizino le scosse di assestamento, come ad avvertire del pericolo imminente, e capisco che non se la sente di essere severa. Come il figlio, la madre.

Torniamo nella stanza del tatami e la tv viene accesa nuovamente. Sono immagini di Akihabara che avevo visto dal treno della Linea Yamanote proprio l’altro ieri. “The electric city” è spenta. Altro sacrificio energetico che tutti apprezzano, mentre leggono il messaggio di Yodobashi Camera (catena di grandi magazzini di elettronica) che spiega che il negozio è aperto benchè fuori non venga illuminato. Si parla di offerte ai rifugiati, alle vittime dello tsunami.

Scosse d’assestamento. Quasi non le avvertiamo. Continuano le chiacchiere intorno al kotatsu ed io so che non vorrei essere in nessun altro posto al mondo, benchè “ufficialmente più sicuro”.
Il posto più sicuro è sempre casa propria e qui, lo sento, io sono a casa mia.

*Questo post si riferisce alla giornata di ieri 20 marzo 2011

Matsushima, prima e dopo T_T

(松尾芭蕉も訪れた日本三景の一つ「松島諸島」(宮城県)の一部が、大地震後に崩落していたことが分かった。写真上は島巡りで人気スポットだった「長命穴」(松島町提供)。写真下では岩が崩れ落ちている=19日 【時事通信社】)

Mary Poppins o "Del Piano B"

“Faremo come Mary Poppins. Seguiremo i venti”

L’ho detto stamattina a Ryosuke mentre consultavo l’ennessimo bollettino dall’ambasciata italiana a Tokyo. Stretto nel suo completo nero da salaryman, con la cravatta di mio padre al collo e i capelli un po’ bagnati, mi ha lanciato lo sguardo obliquo di quando non capisce ciò che sto dicendo.

“May Poppins, dai, quella che partiva quando cambiava la direzione del vento. Dai la tipa con l’ombrello che vola a far la baby sitter ai ragazzini. No? Ma che davvero?”
Ecco, e pensavo di essere io quella traumatizzata dalle regole ferree della mia famiglia in quanto a consumo ridotto di televisione. C’era chi poteva guardarsi tutti i cartoni animati che voleva e chi, dall’altra parte del globo, pregava mamma e papà di incontrare anche lei il famoso Doraemon di cui parlavano i compagnetti di classe. Del resto il primo shock lo subii anni fa quando venni a sapere che qui i Puffi non solo non erano famosi ma che, anche ad esserci, non venivano affatto chiamati così.

Comunque, tornando a Mary Poppins, se i venti soffieranno a sud, ovvero verso la capitale, e soprattutto SE porteranno eventuali (EVENTUALI!) nubi radioattive, ci sposteremo a Fujisawa, la cittadina d’origine di Ryosuke, nella prefettura di Kanagawa, a un centinaio di chilometri da qui. E se proprio ci fosse bisogno di spostarsi nuovamente andremo tutti e cinque, cane compreso, ancora più a sud nella prefettura di Oita. Lì vive il nonno di Ryosuke, il novantunenne padre di sua madre. E’ la regione famosa per il profumo dello yuzu, un frutto a meta’ tra un limone e un mandarino dolce, e per le sculture di Buddha. La casa è inagibile per una famiglia intera. E’ più a misura di nonno, con tutte quelle disfunzionalità che mettono invece a proprio agio un anziano e con la trascuratezza che a noi “moderni”, figli del pc, dell’hi fi e dei wi vari ed eventuali, sembra tale ma che a chi è cresciuto lì, vi ha allevato i propri figli e vi conserva della moglie defunta tutti i suoi ricordi, non lo è affatto. E’ l’antico con un buon retrogusto di vita, pregna, come sempre nel caso degli anziani, di nostalgia.


Ecco, questo è il nostro Piano B. Lo dice la vita, lo dice soprattutto la Sfiga, che con la vita è in combutta: sempre avere un Piano B. Se non altro per poter mettere a tacere i famosi mostri della mente e la paura, che ha il cellulare della Sfiga e la chiama al primo segnale di cedimento. Lo dico così, giusto per rassicurare la “famigghia” prima di tutto, affinchè non si pensi che qui si stia agendo solo di pancia. Ci sono bensì occhi, e testa, e naso, e orecchie. Ci sono mani, pelle, ciglia, gambe.

Quello che accadrà non lo sa nessuno. Sono consapevole che la situazione potrebbe peggiorare. Ma potrebbe anche migliorare.
Modificare la propria esistenza sulla base di un’ipotesi, tra l’altro la peggiore, non giova in alcuna situazione. E’ come l’ansioso che, per sua natura, è destinato a morire prima.
Del resto chi mi dice che Godzilla non possa ritornare all’improvviso? A quel punto dovrei davvero aver paura… con le poche donne bionde rimaste a Tokyo, decimate dal fuga fuga generale, la possibilità d’essere presa di mira si alza notevolmente. Con calma e per favore (citando mia sorella) si penserà anche a Godzilla.

L’ansia − o il fanatismo del peggio.Emil Cioran, Sillogismi dell’amarezza, 1952

*Scrivero’ piu’ tardi, o domattina, della giornata di oggi. A una settimana esatta dal tragico evento.

L’ESODO DELLE VONGOLE

Per fortuna stamattina, allungando il pc a Ryosuke affinchè controllasse le news del corriere al posto mio (evitandomi così potenziali arrabbiature di prima mattina), ho scoperto che l’argomento piu’ ghiotto non è più il Giappone. E’ scalato al terzo posto e i giornalisti, forse infastiditi da questa benedetta centrale che non si vuole decidere a scoppiare, scatenando così la tanto agognata apocalisse (termine più e più volte sfruttato dalla stampa per descrivere la situazione nel Sol Levante), hanno per il momento spostato l’attenzione sulla Libia e sulle questioni di politica interna.
Una sveglia, quindi, votata all’ottimismo.

Adesso sono alla scuola di lingue dove insegno una volta a settimana da un anno e mezzo circa. Un’isola di italianità che mi dà, forse ancor più dell’insegnamento universitario, la possibilità di ascoltare i racconti della gente, di godere di un contatto più personale con gli studenti e di conoscere piu’ da vicino questo popolo meraviglioso.

Ho visto le crepe sulle pareti (poche per fortuna) che ha causato il terremoto ma ho incontrato anche i miei colleghi, tutti positivi, che mi hanno raccontato come stanno vivendo questi giorni e i black-out vari. Sara e i suoi petauri, Carla che mi narra di quel pomeriggio quando erano a lezione ed e’ iniziato il terremoto, l’ordinata fila per uscire in strada e l’asfalto che ondeggiava. E c’è anche chi, con tanta ironia, ammette di aver avuto timore per alcuni giorni di farsi la doccia per via delle scosse.

Siamo andati a pranzo al ristorante italiano e Marco ha constatato la tragedia, la vera apocalisse: L’ESODO DELLE VONGOLE. (vedere la foto per credere!). Dal suo piatto di linguine erano fuggite, il guscio a testimoniare la disdetta, la disfatta…. l’ESODO!!!
Eccolo il prossimo titolo per le pagine dei quotidiani. ^o^
Che faremo se anche le vongole scappano da Tokyo?

Palmo

Domani nella mia area è previsto il black out per tre ore nella fascia dalle 12.00 alle 16.00. Cercherò di uscire.
E se mai dovessi rimanere bloccata da qualche parte in città non mi dispererò.

Adoro Tokyo e stare accoccolata nel suo palmo è una prospettiva che non mi dispiace affatto.


(@Foto da http://eco.nikkeibp.co.jp/)